Indovina chi ha firmato l'accordo con la Libia
di Fausto Carioti
Gianfranco Fini chiede al governo di «garantire il diritto d’asilo» agli immigrati provenienti dalla Libia. Avvalorato in qualche modo dal presidente della Camera, il ritratto di un’Italia berlusconiana percorsa da egoismi e pulsioni xenofobe torna comodo alle esigenze di una sinistra che, per usare le parole dell’ex ministro Giovanna Melandri, si professa «multietnica, pluralista e libera», cioè intenzionata a far convivere in gioiosa armonia le diverse culture degli immigrati di mezzo mondo. Eppure l’Italia, anche in questo inizio di legislatura, si è confermata uno dei Paesi europei più generosi nella concessione dello status di rifugiato e nel garantire protezione agli immigrati. Nel 2008 hanno ottenuto la tutela dello Stato italiano 10.849 nuovi stranieri. In questo scorcio del 2009 è toccato ad altri 3.579. Il risultato è che oggi l’Italia ospita oltre 52mila rifugiati: pur essendo un paese di recente immigrazione, occupa già la sesta posizione tra i ventisette Paesi dell’Unione europea.
Il governo Berlusconi, sino ad oggi, ha confermato l’andazzo degli ultimi anni. Nel 2008 le commissioni territoriali del Viminale hanno esaminato 21.933 domande d’asilo presentate da altrettanti immigrati. Lo status di rifugiato è stato concesso a 1.695 persone, mentre altri 9.154 hanno ottenuto la protezione sussidiaria o quella umanitaria. Queste prevedono l’assegnazione di un permesso di soggiorno rinnovabile e sono garantite a individui originari di Paesi in guerra e a chi proviene da zone colpite da catastrofi naturali. Una domanda su due, insomma, è stata in qualche modo accolta. Numeri simili a quelli che si registrarono nel 2007 e che si osservano nei primi quattro mesi del 2009, quando hanno ottenuto protezione il 37,3% dei richiedenti. La percentuale delle domande accolte è da primi posti in Europa: lo scorso anno hanno avuto lo status di rifugiato vero e proprio l’8% di coloro che l’hanno richiesto. Una quota che pone l’Italia in cima alla classifica assieme alla Francia, e che si distanzia di molto da quella di altri Paesi affacciati sul Mediterraneo: la Grecia, ad esempio, accoglie meno dell’1% delle domande di asilo.
Gianfranco Fini chiede al governo di «garantire il diritto d’asilo» agli immigrati provenienti dalla Libia. Avvalorato in qualche modo dal presidente della Camera, il ritratto di un’Italia berlusconiana percorsa da egoismi e pulsioni xenofobe torna comodo alle esigenze di una sinistra che, per usare le parole dell’ex ministro Giovanna Melandri, si professa «multietnica, pluralista e libera», cioè intenzionata a far convivere in gioiosa armonia le diverse culture degli immigrati di mezzo mondo. Eppure l’Italia, anche in questo inizio di legislatura, si è confermata uno dei Paesi europei più generosi nella concessione dello status di rifugiato e nel garantire protezione agli immigrati. Nel 2008 hanno ottenuto la tutela dello Stato italiano 10.849 nuovi stranieri. In questo scorcio del 2009 è toccato ad altri 3.579. Il risultato è che oggi l’Italia ospita oltre 52mila rifugiati: pur essendo un paese di recente immigrazione, occupa già la sesta posizione tra i ventisette Paesi dell’Unione europea.
Il governo Berlusconi, sino ad oggi, ha confermato l’andazzo degli ultimi anni. Nel 2008 le commissioni territoriali del Viminale hanno esaminato 21.933 domande d’asilo presentate da altrettanti immigrati. Lo status di rifugiato è stato concesso a 1.695 persone, mentre altri 9.154 hanno ottenuto la protezione sussidiaria o quella umanitaria. Queste prevedono l’assegnazione di un permesso di soggiorno rinnovabile e sono garantite a individui originari di Paesi in guerra e a chi proviene da zone colpite da catastrofi naturali. Una domanda su due, insomma, è stata in qualche modo accolta. Numeri simili a quelli che si registrarono nel 2007 e che si osservano nei primi quattro mesi del 2009, quando hanno ottenuto protezione il 37,3% dei richiedenti. La percentuale delle domande accolte è da primi posti in Europa: lo scorso anno hanno avuto lo status di rifugiato vero e proprio l’8% di coloro che l’hanno richiesto. Una quota che pone l’Italia in cima alla classifica assieme alla Francia, e che si distanzia di molto da quella di altri Paesi affacciati sul Mediterraneo: la Grecia, ad esempio, accoglie meno dell’1% delle domande di asilo.
La novità di questi giorni è che inizia ad essere applicato l’accordo che prevede il pattugliamento delle acque tra Italia e Libia, con conseguente respingimento dei barconi carichi di immigrati. Un accordo infame raggiunto sulla pelle dei disperati dal ministro leghista Roberto Maroni, come vuole far credere l’opposizione? Al contrario: un’intesa firmata nel dicembre del 2007 da uno dei fondatori del Pd, Giuliano Amato. Il cui scopo, assicurò l’allora ministro dell’Interno, era quello di «salvare molte vite umane sgominando le bande criminali che gestiscono simili traffici». Questo, per inciso, giustifica in parte gli imbarazzi all’interno del Partito democratico, dove il segretario Dario Franceschini chiede al centrodestra di accogliere i barconi, mentre Francesco Rutelli, membro di quel governo che siglò l’accordo con Tripoli, condivide il trattamento riservato ai clandestini.
Se le critiche di Fini si spiegano con la ricerca di uno spazio politico nel PdL al di fuori dell’ingombrantissima presenza berlusconiana (piaccia o meno, è un’operazione che a Fini sta riuscendo bene) e se le accuse di Franceschini sono motivate dalla disperata ricerca di un qualunque appiglio elettorale, l’atteggiamento degli organismi internazionali trova spiegazione solo nella loro inutilità. L’intesa del 2007 prevedeva che l’Unione europea collaborasse al controllo delle frontiere marittime libiche. Ma l’Italia, come si è visto, è stata lasciata sola. Quanto alle Nazioni Unite, hanno un gruppo di funzionari in Libia, incaricati di “osservare” come viene gestito il fenomeno dell’immigrazione. Ennesimo lavoro inutile pagato dai contribuenti internazionali. Eppure, se volessero, gli “osservatori” riuscirebbero con facilità ad aiutare gli immigrati e i Paesi che finanziano l’Onu: ad esempio istituendo in terra libica un primo controllo delle richieste di chi chiede all’Italia e agli altri Paesi europei di essere accolto come rifugiato. Questo, oltre a facilitare il compito di chi deve pattugliare le acque internazionali, garantirebbe maggiori possibilità di accoglienza a chi la merita davvero.
Ma le Nazioni Unite non hanno alcuna voglia di prendersi una simile rogna. Molto più facile accusare le democrazie come l’Italia che impelagarsi nelle vicende dei dittatori e dei signori della guerra africani. Molti dei quali, peraltro, hanno piazzato i loro rappresentanti all’interno degli organismi Onu incaricati di vigilare sul rispetto dei diritti umani. Prendere sul serio un simile pulpito è un lusso che può permettersi solo Franceschini.
© Libero. Pubblicato il 13 maggio 2009.
Se le critiche di Fini si spiegano con la ricerca di uno spazio politico nel PdL al di fuori dell’ingombrantissima presenza berlusconiana (piaccia o meno, è un’operazione che a Fini sta riuscendo bene) e se le accuse di Franceschini sono motivate dalla disperata ricerca di un qualunque appiglio elettorale, l’atteggiamento degli organismi internazionali trova spiegazione solo nella loro inutilità. L’intesa del 2007 prevedeva che l’Unione europea collaborasse al controllo delle frontiere marittime libiche. Ma l’Italia, come si è visto, è stata lasciata sola. Quanto alle Nazioni Unite, hanno un gruppo di funzionari in Libia, incaricati di “osservare” come viene gestito il fenomeno dell’immigrazione. Ennesimo lavoro inutile pagato dai contribuenti internazionali. Eppure, se volessero, gli “osservatori” riuscirebbero con facilità ad aiutare gli immigrati e i Paesi che finanziano l’Onu: ad esempio istituendo in terra libica un primo controllo delle richieste di chi chiede all’Italia e agli altri Paesi europei di essere accolto come rifugiato. Questo, oltre a facilitare il compito di chi deve pattugliare le acque internazionali, garantirebbe maggiori possibilità di accoglienza a chi la merita davvero.
Ma le Nazioni Unite non hanno alcuna voglia di prendersi una simile rogna. Molto più facile accusare le democrazie come l’Italia che impelagarsi nelle vicende dei dittatori e dei signori della guerra africani. Molti dei quali, peraltro, hanno piazzato i loro rappresentanti all’interno degli organismi Onu incaricati di vigilare sul rispetto dei diritti umani. Prendere sul serio un simile pulpito è un lusso che può permettersi solo Franceschini.
© Libero. Pubblicato il 13 maggio 2009.