Il vecchio e il Cremlino
di Fausto Carioti
Il distillato di odio antropologico si è arricchito di una nuova essenza: ora la sinistra accusa Silvio Berlusconi (anche) di essere «vecchio». Lo titola l’Unità in prima pagina: «Il mondo ci guarda. Silvio vecchio, Walter nuovo». È ovvio che il punto è l’età anagrafica, non quella politica. Berlusconi, politicamente parlando, a confronto del suo rivale è ancora al biberon. Nel 1994, quando Sua Emittenza scese in campo, Veltroni era già stato capo della federazione giovanile comunista romana, consigliere in Campidoglio, deputato, membro del comitato centrale del Pci e direttore dell’Unità. L’anno in cui Veltroni ottenne il suo primo stipendio da politico (consigliere del comune di Roma, era il 1976) al Cremlino comandava Leonid Breznev, il presidente degli Stati Uniti era Gerald Ford, la Dc era guidata da Benigno Zaccagnini, Peppino Di Capri vinceva il festival di Sanremo, il ct della nazionale di calcio si chiamava Fulvio Bernardini e Fabio Capello giocava a centrocampo. Un altro mondo, un’altra Italia. Così, non potendo accusare Berlusconi di essere un vecchio arnese della politica, lo accusano di essere «un vecchio» e basta: «Siamo arrivati alla tappa 71 del mio viaggio in Italia, più o meno l’età del mio principale avversario», ha detto Veltroni dal palco di Palermo. Nessuno ha colto l’ironia della situazione: tra i due, il pensionato è «il nuovo», alias Veltroni, che dal 2004, ogni mese, riceve dallo Stato un assegno di 9.014 euro lordi.
Comunque, si tratta di una svolta di cui prendere atto: sino ad oggi, la retorica veltroniana ci aveva fatto credere che l’età avanzata fosse un valore da rispettare, non un peso di cui liberarsi. Un capitolo del programma con cui il pensionato Veltroni Walter si candida a fare il premier è dedicato proprio all’«invecchiamento attivo»: si annuncia di voler far lavorare gli italiani anche dopo i 65 anni e altre cose del genere. E poi tutti quei ragionamenti alti e nobili sulla «società inclusiva», che assegna un ruolo a chiunque ad ogni età. Sembravano pure sinceri: prima hanno spedito al Quirinale un uomo di 81 anni, poi hanno trascorso i due anni seguenti a lodare le virtù civiche dei senatori a vita Rita Levi Montalcini (99 anni), Oscar Luigi Scalfaro (89) ed Emilio Colombo (88): pilastri della democrazia, altro che pannoloni, rispondevano sdegnati da sinistra a chi scherzava sulla loro età. E Giorgio Napolitano è un «padre morale» dell’Italia, spiegava Veltroni dopo l’elezione al Colle dell’anziano postcomunista.
Eppure, appena lo scontro si è alzato di tono, Veltroni non ha trovato di meglio che dare del «vecchio» al rivale. Per carità: ognuno spara le cartucce che ha a disposizione, e se il leader del partito democratico ha usato queste vuol dire che di molto meglio, nel suo arsenale, non aveva. Ma così facendo Veltroni ha confermato la sua preoccupante vocazione tafazzista: gli spin doctor de noantri farebbero bene a spiegargli che l’Italia non è la California, dove l’età media è di 33 anni e simili argomenti possono anche funzionare. Qui l’età media è di 44 anni, siamo la democrazia con gli elettori più anziani del mondo: accusare il proprio avversario di essere “vecchio” solo perché ha passato la settantina non sembra il modo migliore per raccogliere consensi.
Per non parlare della coerenza: nella squadra del governo che tutti sanno che non si farà mai, quello del Pd, alla casella della Sanità c’è il nome di Umberto Veronesi, candidato capolista in Lombardia. Il nome non si discute, Veronesi è un pezzo da novanta. Però ha undici anni più di Berlusconi: se per Veltroni Berlusconi è un «vecchio», Veronesi cosa è?
Berlusconi può sempre trattare il suo rivale come fece Ronald Reagan con il democratico Walter Mondale, suo avversario nella corsa alla Casa Bianca del 1984. Il cinquantaseienne Mondale accusava il settantatreenne presidente uscente di essere troppo anziano per guidare altri quattro anni la nazione più potente del mondo. Alla fine, durante un faccia a faccia televisivo col suo rivale, Reagan - che come umorista avrebbe potuto dare ripetizioni persino a Berlusconi - gli rispose da par suo: «I’m not going to exploit for political purposes my opponent’s youth and inexperience». (Vuol dire: «Non ho intenzione di sfruttare la giovane età e l’inesperienza del mio rivale per scopi politici». La traduzione è utile soprattutto per Veltroni, che da anni non fa che parlarci della nuova frontiera americana, ma non ha ancora imparato l’inglese). Una risata seppellì Mondale, e la corsa alla presidenza finì come sappiamo.
© Libero. Pubblicato il 28 marzo 2008.
Il distillato di odio antropologico si è arricchito di una nuova essenza: ora la sinistra accusa Silvio Berlusconi (anche) di essere «vecchio». Lo titola l’Unità in prima pagina: «Il mondo ci guarda. Silvio vecchio, Walter nuovo». È ovvio che il punto è l’età anagrafica, non quella politica. Berlusconi, politicamente parlando, a confronto del suo rivale è ancora al biberon. Nel 1994, quando Sua Emittenza scese in campo, Veltroni era già stato capo della federazione giovanile comunista romana, consigliere in Campidoglio, deputato, membro del comitato centrale del Pci e direttore dell’Unità. L’anno in cui Veltroni ottenne il suo primo stipendio da politico (consigliere del comune di Roma, era il 1976) al Cremlino comandava Leonid Breznev, il presidente degli Stati Uniti era Gerald Ford, la Dc era guidata da Benigno Zaccagnini, Peppino Di Capri vinceva il festival di Sanremo, il ct della nazionale di calcio si chiamava Fulvio Bernardini e Fabio Capello giocava a centrocampo. Un altro mondo, un’altra Italia. Così, non potendo accusare Berlusconi di essere un vecchio arnese della politica, lo accusano di essere «un vecchio» e basta: «Siamo arrivati alla tappa 71 del mio viaggio in Italia, più o meno l’età del mio principale avversario», ha detto Veltroni dal palco di Palermo. Nessuno ha colto l’ironia della situazione: tra i due, il pensionato è «il nuovo», alias Veltroni, che dal 2004, ogni mese, riceve dallo Stato un assegno di 9.014 euro lordi.
Comunque, si tratta di una svolta di cui prendere atto: sino ad oggi, la retorica veltroniana ci aveva fatto credere che l’età avanzata fosse un valore da rispettare, non un peso di cui liberarsi. Un capitolo del programma con cui il pensionato Veltroni Walter si candida a fare il premier è dedicato proprio all’«invecchiamento attivo»: si annuncia di voler far lavorare gli italiani anche dopo i 65 anni e altre cose del genere. E poi tutti quei ragionamenti alti e nobili sulla «società inclusiva», che assegna un ruolo a chiunque ad ogni età. Sembravano pure sinceri: prima hanno spedito al Quirinale un uomo di 81 anni, poi hanno trascorso i due anni seguenti a lodare le virtù civiche dei senatori a vita Rita Levi Montalcini (99 anni), Oscar Luigi Scalfaro (89) ed Emilio Colombo (88): pilastri della democrazia, altro che pannoloni, rispondevano sdegnati da sinistra a chi scherzava sulla loro età. E Giorgio Napolitano è un «padre morale» dell’Italia, spiegava Veltroni dopo l’elezione al Colle dell’anziano postcomunista.
Eppure, appena lo scontro si è alzato di tono, Veltroni non ha trovato di meglio che dare del «vecchio» al rivale. Per carità: ognuno spara le cartucce che ha a disposizione, e se il leader del partito democratico ha usato queste vuol dire che di molto meglio, nel suo arsenale, non aveva. Ma così facendo Veltroni ha confermato la sua preoccupante vocazione tafazzista: gli spin doctor de noantri farebbero bene a spiegargli che l’Italia non è la California, dove l’età media è di 33 anni e simili argomenti possono anche funzionare. Qui l’età media è di 44 anni, siamo la democrazia con gli elettori più anziani del mondo: accusare il proprio avversario di essere “vecchio” solo perché ha passato la settantina non sembra il modo migliore per raccogliere consensi.
Per non parlare della coerenza: nella squadra del governo che tutti sanno che non si farà mai, quello del Pd, alla casella della Sanità c’è il nome di Umberto Veronesi, candidato capolista in Lombardia. Il nome non si discute, Veronesi è un pezzo da novanta. Però ha undici anni più di Berlusconi: se per Veltroni Berlusconi è un «vecchio», Veronesi cosa è?
Berlusconi può sempre trattare il suo rivale come fece Ronald Reagan con il democratico Walter Mondale, suo avversario nella corsa alla Casa Bianca del 1984. Il cinquantaseienne Mondale accusava il settantatreenne presidente uscente di essere troppo anziano per guidare altri quattro anni la nazione più potente del mondo. Alla fine, durante un faccia a faccia televisivo col suo rivale, Reagan - che come umorista avrebbe potuto dare ripetizioni persino a Berlusconi - gli rispose da par suo: «I’m not going to exploit for political purposes my opponent’s youth and inexperience». (Vuol dire: «Non ho intenzione di sfruttare la giovane età e l’inesperienza del mio rivale per scopi politici». La traduzione è utile soprattutto per Veltroni, che da anni non fa che parlarci della nuova frontiera americana, ma non ha ancora imparato l’inglese). Una risata seppellì Mondale, e la corsa alla presidenza finì come sappiamo.
© Libero. Pubblicato il 28 marzo 2008.