Er cinema italiano fa schifo e gli inglesi ce lo dicono in faccia

Er cinema de Stato, er cinema dei cinematografari impegnati e de sinistra, quelli che insorgono e gridano all’emergenza “curturale” se qualcuno gli dà dei marchetteri mantenuti dai politici con i soldi dei contribuenti. Il cinema italiano che da un pezzo non ha più nulla da dire. Eccolo qui, raccontato come si deve dal quotidiano inglese The Guardian:
The Italian industry is surely still regarded with envy by many other EU member states - Lithuania, say, or Luxembourg. It boasts a healthy output and an eclectic crop of distinctive directors, ranging from the icy Paolo Sorrentino to the clownish Roberto Benigni and the mercurial Nanni Moretti, who won the 2001 Palme d'Or for his family drama The Son's Room. It is simply that Italian film lacks the impact and the global reach that it enjoyed in the days of Rossellini, De Sica, Antonioni, Bertolucci and the Taviani brothers. (...)

Two decades ago, Italians bought twice as many cinema tickets as they did in Spain. Now the Spaniards have overtaken them. Italian cinema has a long and illustrious history, and now is not the time to start talking in terms of a decline and fall - we are not quite in Gibbon territory yet. But the industry gives the impression of being tired and scattered, struggling to find its voice. It sorely needs another neorealist-style renaissance - a local, specific flowering that speaks to the world at large.
Post scriptum. Non è (solo) una questione di politica. Il cinema italiano del dopoguerra è stato fatto soprattutto da gente di sinistra. Ma erano persone che avevano un’idea artigianale del loro mestiere, e infatti hanno realizzato tanti capolavori. I loro epigoni contemporanei, tristi e presuntuosi (pochissime le eccezioni), pensano di usare ogni inquadratura per svelarci chissà quale verità profonda. Non raccontano storie (non lo sanno fare), ma insistono per dirci tutto dei loro tormenti, tengono a farci sapere cosa ne pensano del mondo. Se il pubblico se ne frega, come accade sempre più spesso, danno la colpa all’imbarbarimento dei gusti e alla "cattiva maestra" televisione. Ragionano come i governanti della Germania Est, ai quali Bertolt Brecht destinò una delle sue battute più perfide: «Non gli resta che sciogliere il popolo e nominarne uno nuovo». Finché continuano a essere mantenuti con i nostri soldi, però, hanno ragione loro.

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