Bersani ci prova con Fini

di Fausto Carioti

Da un lato c’è Gianfranco Fini. Il cui consigliere politico, Alessandro Campi, prospetta a Repubblica un governo tecnico che lavori all’«unico spazio di accordo possibile tra il centrosinistra e i finiani», ovvero «il cambio di questa legge elettorale». Dall’altro c’è Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd teorizza un «patto repubblicano» che «non escluda Fini» e si chiede: «Si può tornare a votare con questa legge elettorale?». Domanda retorica: certo che no, bisogna cambiarla. Campi apprezza e Fini pure. Così, adesso, c’è persino un programma per un governo alternativo a quello attuale. Quanto ai numeri in Parlamento necessari a sorreggerlo, la cosa è più complicata. Ma non impossibile, almeno sulla carta.

Al momento la grande ammucchiata che va da Bersani a Fini e passa per tutti i centristi, incluso magari chi sta fuori come Luca Cordero di Montezemolo, è solo uno di quei “ragionamenti” con i quali ci si riempie la bocca nel Transatlantico di Montecitorio. Contiene molti «se»: se davvero il PdL si spacca, se davvero tanti parlamentari finiani sono pronti a tradire Berlusconi (una cosa è fare la minoranza del PdL, altra è allearsi con gli ex comunisti per far cadere un governo voluto dagli elettori), se Giorgio Napolitano avalla una roba simile. Però è uno degli sbocchi possibili della crisi attuale tra i due co-fondatori del PdL. Lo sa bene Repubblica, che ha fiutato l’aria e da un po’ di giorni spinge in questa direzione. Il motivo è semplice: se cade il governo e si va a votare subito, Berlusconi torna in sella più bello e più forte che pria, e il giorno dopo può mandare Mario Catalano, il suo architetto di fiducia, a prendere le misure delle stanze del Quirinale. Ma se il governo cade o vivacchia, incapace di fare alcunché in quanto condizionato dai finiani, e non si va al voto, Berlusconi si logora e la sua avventura si conclude qui. Insomma, la convergenza tra Fini e Bersani è nei fatti: ambedue vogliono che si vada al voto il più tardi possibile e che con le prossime elezioni inizi una nuova partita. Senza Berlusconi, se possibile.

La riforma elettorale scritta dai finiani in combutta col centrosinistra non servirebbe solo a dare un senso “istituzionale” a questa unione in apparenza contronatura, ma anche a introdurre regole meno gradite al leader del PdL. «L’atteggiamento della sinistra è strumentale», annuisce il berlusconiano Lucio Malan, esperto di meccanismi elettorali. «Se la prendono con la legge elettorale attuale perché non ha le preferenze. Ma in realtà puntano a introdurre una legge che possa mettere in difficoltà Berlusconi. Ad esempio qualcosa di simile al sistema tedesco». Con un occhio di riguardo per Fini, che deve difendere la rielezione sua e degli uomini che gli sono rimasti fedeli.

Per tutti questi motivi, Berlusconi non riesce a fidarsi di quello che ha detto ieri il presidente della Camera. Fini ha assicurato che «non è in discussione la nostra permanenza nel PdL e nella maggioranza». E ha chiesto ai suoi di «garantire la massima lealtà alla coalizione e al programma di governo». Detto da uno che aveva minacciato Berlusconi di voler creare gruppi parlamentari autonomi, qualcosa significa.

Ma la retromarcia di Fini si può spiegare anche con il bisogno di guadagnare tempo. L’ex leader di An dovrà fare ben altro se vorrà ricreare un clima di fiducia nel PdL. Berlusconi ieri ha ricordato che «per litigare bisogna essere in due, per divorziare basta uno». Il Cavaliere e i suoi, infatti, sono sul chi vive. «Abbiamo fissato un’asticella», spiega a Libero un consigliere del premier. «I finiani si sono impegnati a essere solo una minoranza che vuole animare il partito, e non una corrente. Vedremo come si comporteranno nelle votazioni in Parlamento e vedremo se quello che hanno annunciato ieri sarà solo un convegno per presentare le loro proposte o sarà il congresso fondativo di una nuova corrente. Se supereranno l’asticella, la nostra reazione sarà immediata». Il voto anticipato, a quel punto, sarà davvero dietro l’angolo.

© Libero. Pubblicato il 27 aprile 2010.

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