Un aut-aut per Casini

di Fausto Carioti

«Io, politicamente, vorrei andare a letto con una persona di cui ho fiducia, che condivide con me un progetto». Metafora inquietante a parte, stavolta c’è molto di azzeccato in quello che dice Tonino Di Pietro nei confronti dell’Udc, «che non si può sposare due volte e deve scegliere se condividere un programma con un solo alleato». È un discorso che nel Pd non fa nessuno e che nel PdL, invece, ormai fanno in tanti, iniziando da Silvio Berlusconi. Tanti, ma non tutti. La voglia di mettere Pier Ferdinando Casini dinanzi al più comprensibile degli aut-aut - o con noi ovunque oppure da nessuna parte, perché mica siamo al mercato delle vacche - si ferma al momento di fare i conti delle regioni su cui piantare la bandierina: meglio andare sul sicuro con l’Udc che correre rischi senza di loro, pensano diversi esponenti del PdL, anche vicini a Berlusconi come Fabrizio Cicchitto.

In attesa di vedere il dividendo elettorale di questa operazione - tutto da verificare - il primo risultato evidente sono i guai che essa sta provocando. Tanto per fare un esempio il PdL, che in Puglia potrebbe indicare subito il candidato alla guida della regione e portarsi avanti con il lavoro, è nella situazione paradossale di dover aspettare il Pd. Perché il PdL punta ancora ad accordarsi con l’Udc e quindi a proporre un candidato gradito ai centristi, ma Casini preferirebbe allearsi con il Pd, a patto che questo partito candidi Francesco Boccia e non Nichi Vendola. Il risultato è che le primarie pugliesi del Pd, che si terranno il 24 gennaio, serviranno, di fatto, anche a decidere il candidato del PdL. Vallo a spiegare agli elettori.

Dove si presenta un candidato finiano, ad esempio Renata Polverini nel Lazio, l’Udc si schiera con il PdL. Dove c’è da contrastare la Lega, come in Piemonte, l’Udc punta sul governatore uscente Mercedes Bresso, del Pd. Altrove il partito di Casini sceglierà in base alle trattative dell’ultimo minuto. Un atteggiamento tipico della bassa politica, ma che Casini riveste con una motivazione ideale: scardinare il bipolarismo. Dimostrando che i centristi sono indispensabili, Casini renderebbe evidente che «il bipolarismo è morto e sepolto».

Già questo dovrebbe convincere i due partiti che hanno il bipolarismo nel dna, e cioè PdL e Pd, a non allearsi con chi dichiara di volerli uccidere. Però a due mesi dal voto, se ti senti destinato a una batosta sicura, non puoi rifiutare l’aiuto di nessuno. E infatti Pier Luigi Bersani, per allearsi con Casini, si sta mostrando disposto a tutto. Incluso gettare a mare il governatore uscente della Calabria, Agazio Loiero del Pd, per candidare Roberto Occhiuto, dell’Udc.

Nel PdL, almeno ai piani alti, ci si sente invece molto forti. Il Cavaliere, in privato, sbandiera un sondaggio secondo cui l’Udc non sarebbe decisiva in nessuna regione. Eccesso di ottimismo? Il berlusconiano Osvaldo Napoli è convinto di no. E spiega: «Alle elezioni europee, in Piemonte, a giugno l’Udc ha preso oltre il 6% dei voti. Ma il loro candidato alla provincia di Torino, Michele Vietti, il quale aveva detto che avrebbe appoggiato il candidato del Pd Antonino Saitta, ha preso il 4,5. Questo conferma che, quando l’Udc si schiera con la sinistra, tanti elettori non la seguono». Resta il fatto che i finiani non ne vogliono sapere di sganciare l’Udc, perché la ritengono decisiva per la Polverini. Scelta, peraltro, difesa anche da alcuni berluscones. Per far digerire la cosa agli elettori, si è deciso di attribuirla ai dirigenti locali del PdL: laddove questi ritengono che ci siano le basi per accordarsi con l’Udc, il partito è disposto ad accettare. L’occhio, insomma, finge di non vedere quello che fa la mano.

Per fortuna, Berlusconi sembra non pensarla così. Tra rischiare di incassare un governatore in meno e imbarcare un alleato che dice in pubblico di volere la tua fine e che nella regione confinante si candida contro di te, il Cavaliere pare ritenere che il primo sia il male minore. «La gente capisce il bipolarismo, mentre non capirebbe la nostra alleanza con chi si vende al miglior offerente», ripete in questi giorni a chi va a trovarlo. Di sicuro, visti i numeri propri e quelli dei suoi avversari, questo è un momento in cui Berlusconi può permettersi di rifiutare compromessi ambigui. La speranza è che stavolta sappia essere coerente sino in fondo.

© Libero. Pubblicato il 19 gennaio 2010.

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