Repubblica e la balla del vaccino inutile

di Fausto Carioti

L’ultima arma di una sinistra rimasta con poco o niente cui aggrapparsi si chiama A/H1N1. È la sigla del virus per il quale il governo ha commissionato 24 milioni di dosi, costate 184 milioni di euro e rimaste in gran parte inutilizzate. E meno male che è andata così: la pandemia si è sgonfiata e le nostre vite non hanno avuto bisogno di mascherine protettive e vaccinazioni d’urgenza. Però, se gli allarmi lanciati dall’Organizzazione mondiale per la sanità si fossero rivelati fondati, i vaccini erano pronti. La storia, a questo punto, dovrebbe finire: abbiamo montato l’airbag nella vettura, l’incidente non c’è stato, ma non per questo ci lamentiamo. E invece è proprio questa la polemica che stanno piantando Repubblica e un pezzo di sinistra.

La linea del quotidiano diretto da Ezio Mauro è stata, a suo modo, esemplare. Prima ha contribuito a elevare il livello d’allarme per la diffusione del virus A/H1N1, ipotizzando scenari da b-movie fantahorror, e ovviamente accusando il governo di perdere tempo. Passata l’emergenza, Repubblica è tornata ad accusare l’esecutivo, stavolta con motivazioni opposte: aver preso l’allarme sul serio. In Italia, si sa, la memoria è breve, e così ieri il quotidiano di largo Fochetti poteva titolare: «Ecco quanto ci è costato il flop del vaccino». A parte che il flop, semmai, è stato del virus, perché il vaccino il suo mestiere ha mostrato di saperlo fare, la sostanza dell’accusa di Repubblica è: il vaccino non serviva, ma il governo ne ha comprato troppo e le multinazionali avide - presenza costante in certa produzione giornalistica - lo hanno preso per il collo. Col risultato che oggi «gran parte delle boccette sembra avviata alla scadenza».

L’archivio di Repubblica, però, racconta una storia molto diversa. È il 12 giugno 2009 quando su un titolo del quotidiano si legge: «Impossibile fermare la pandemia». Dall’articolo si apprende che «il virus della nuova influenza, attaccando i polmoni, sarebbe simile a quello della “spagnola” del ’18». Poi Repubblica inizia a spiegare che il vaccino è indispensabile. Di più: chi non si vaccina è un nemico della società. Articolo del 7 settembre, parla il Nobel per la Medicina Luc Montagnier: «La probabilità che il virus muti in una forma più perniciosa è nelle mani di chi non applica la prevenzione, ma soprattutto di chi non si vaccinerà». C’è spazio anche per il virologo Fabrizio Pregliasco, secondo il quale i giovani, che hanno una vita sociale intensa, se non si vaccinano rischiano di diventare «untori, una vera e propria bomba biologica».

Poi esce l’ordinanza di Ferruccio Fazio, che prevede la vaccinazione per il 40% della popolazione italiana: serviranno 24 milioni di dosi. Troppe? Non pare. Anzi. Il 6 novembre l’apocalittico quotidiano sostiene che siamo stati «sorpresi da una pandemia annunciata. Da un panico che si poteva prevedere. Da un corto circuito emotivo-organizzativo che sta mettendo in ginocchio l’Italia». Manca la «cabina di regia», cioè manca il governo. E i vaccini, addirittura, scarseggiano: «Molte regioni lamentano scorte ancora a secco e frigoriferi vuoti». Il farmacologo Silvio Garattini, sempre su Repubblica: «Il ritardo è delle industrie farmaceutiche, che non hanno prodotto abbastanza dosi».

Eppure erano già girati i primi sospetti che certe preoccupazioni fossero esagerate. Ma il 10 ottobre proprio Repubblica aveva provveduto a risollevare il grado d’allerta, con il solito Montagnier che spiegava: «No, l’allarme scatenato dall’H1N1 non è affatto eccessivo. Basta pensare alla Spagnola, che nel 1918 cominciò in modo blando per poi mietere un gran numero di vittime». E il 4 novembre largo Fochetti aveva gettato altra benzina sul fuoco, stavolta con un reportage dai reparti d’urgenza della capitale, dove la gente stava arrivando a frotte. Un medico del policlinico riponeva le ultime speranze proprio nel vaccino: «Se i vaccini non daranno le risposte annunciate, non sapremo davvero come fare».

Quanto al Partito democratico, ancora a novembre i suoi senatori, inclusa l’ex ministro Livia Turco, firmavano interrogazioni per chiedere al governo «un intervento massiccio in termini di distribuzione di vaccini». Nessuno, da quelle parti, sosteneva che comprare vaccini in massa fosse sbagliato. Il contrario, semmai. Già a settembre il medico Ignazio Marino, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul servizio sanitario, diceva che «il piano presentato dal governo per fare fronte all’emergenza dell’influenza A appare incompleto rispetto ai potenziali rischi che correremo». Il governo italiano, accusava il senatore del Pd, avrebbe dovuto spendere di più: la Francia, ad esempio, «ha stanziato 1,1 miliardi di euro solo per il vaccino». Arrivati a questo punto, non resta che confrontare il miliardo e passa speso dai francesi con i 184 milioni spesi dall’Italia, per capire quanta ragione abbia Repubblica ad indignarsi.

© Libero. Pubblicato il 17 gennaio 2010.

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