Pdl verso la vittoria dimezzata
di Fausto Carioti
In gergo borsistico si chiama “profit warning”. È la comunicazione che una società quotata dà al mercato quando si trova costretta a rivedere le stime sugli utili: ci spiace, contavamo di incassare 10, dovremo accontentarci di 4. Inutile dire che è uno di quegli annunci che non rendono felici né chi guida l’azienda né gli azionisti, ma devono essere fatti per evitare shock dell’ultimo minuto. Silvio Berlusconi, che guida il suo partito come se fosse un’azienda, dovrebbe fare qualcosa di simile in vista delle prossime regionali. Di sicuro, anche se la comunicazione al pubblico non è ancora avvenuta, negli ultimi giorni a palazzo Grazioli le aspettative si sono ridimensionate, e di parecchio. Al punto che sta cambiando la definizione stessa di vittoria.
Fino a pochi giorni fa, l’obiettivo dichiarato era incassare la grande maggioranza delle tredici regioni in palio. Il ministro Altero Matteoli, ex An, che di certo non è un sprovveduto, nemmeno due settimane or sono diceva che «a conti fatti otto regioni sono alla nostra portata. Sette sarebbero una delusione». Ecco, Matteoli ha buona probabilità di restare deluso. E peggio di lui rischiano di rimanere quelli che nel centrodestra sognavano un Pd «appenninico»: ridotto cioè a governare l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Umbria e poco più. Mica perché il partito di Pier Luigi Bersani stia facendo chissà cosa. Figuriamoci: il Pd, con i suoi errori, era e resta il migliore alleato del PdL. Ma il suo involontario aiuto potrebbe non bastare a compensare gli sbagli e le incertezze del centrodestra, nonché il ruolo giocato dall’Udc.
«Pier Ferdinando Casini sta facendo il furbo», commenta amaro il deputato berlusconiano Osvaldo Napoli. «In Campania e Calabria si prenderà gli assessori con il PdL. In Puglia, se appoggerà Adriana Poli Bortone contro il nostro candidato, probabilmente avrà già pronto un accordo sottobanco con Nichi Vendola per prendersi, anche lì, qualche assessore. Mentre in Piemonte l’anti-cattolica Mercedes Bresso ha già promesso la vicepresidenza della Regione al deputato dell’Udc Teresio Delfino».
Il resto dei casini il centrodestra se li sta creando da solo. La richiesta di Berlusconi a Rocco Palese, affinché ritirasse la candidatura in Puglia, è stata seguita nemmeno ventiquattr’ore dopo dal rilancio della candidatura dello stesso Palese, prima che partissero nuove trattative con l’Udc per candidare insieme Nicola De Bartolomeo, presidente regionale di Confindustria. Risultato: candidati confusi, elettori non ne parliamo. Mentre il Secolo, quotidiano ex An, spara fuoco amico sul leghista Roberto Cota, candidato della coalizione in Piemonte, perché «sta facendo molto poco» per contrastare il centrosinistra.
Così dal pallottoliere escono risultati poco confortanti, almeno se paragonati a certe aspettative. Delle tredici regioni in cui si voterà, solo in quattro oggi il centrodestra ha la ragionevole certezza di vincere: Lombardia, Veneto, Campania e Calabria. Anche il Pd può sentirsi la vittoria in tasca in quattro regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata. Alle quali, se non si troverà una candidatura che unisca PdL e Udc, andrà aggiunta la Puglia. In tre delle regioni in bilico - Piemonte, Liguria e Marche - la bilancia pende in favore del centrosinistra. Infine nel Lazio, nonostante il disastro lasciato da Piero Marrazzo, quella vittoria che sembrava facile appare ora un obiettivo alla portata, ma duro da raggiungere. Il titolo con cui ieri Repubblica avvertiva che Berlusconi rischia «di perdere 7 a 6», potrebbe rivelarsi persino troppo ottimistico per il premier.
Meglio, insomma, tornare con i piedi per terra. Ricordando, ad esempio, che solo in due delle regioni in cui si voterà - Lombardia e Veneto - oggi governa il centrodestra, e che è anche in base a questo dato di partenza che si dovrà capire chi ha vinto. «E non dimentichiamo», ammonisce Osvaldo Napoli, «che di recente abbiamo strappato al centrosinistra la Sardegna, l’Abruzzo e il Friuli-Venezia Giulia. Che vanno messe nel conto». Tutto vero. Ma è vero anche che nel PdL, slogan a parte, nessuno oggi pronostica più una vittoria travolgente. E molti firmerebbero al volo per vincere a marzo in «sole» sei o sette regioni.
© Libero. Pubblicato il 29 gennaio 2010.
In gergo borsistico si chiama “profit warning”. È la comunicazione che una società quotata dà al mercato quando si trova costretta a rivedere le stime sugli utili: ci spiace, contavamo di incassare 10, dovremo accontentarci di 4. Inutile dire che è uno di quegli annunci che non rendono felici né chi guida l’azienda né gli azionisti, ma devono essere fatti per evitare shock dell’ultimo minuto. Silvio Berlusconi, che guida il suo partito come se fosse un’azienda, dovrebbe fare qualcosa di simile in vista delle prossime regionali. Di sicuro, anche se la comunicazione al pubblico non è ancora avvenuta, negli ultimi giorni a palazzo Grazioli le aspettative si sono ridimensionate, e di parecchio. Al punto che sta cambiando la definizione stessa di vittoria.
Fino a pochi giorni fa, l’obiettivo dichiarato era incassare la grande maggioranza delle tredici regioni in palio. Il ministro Altero Matteoli, ex An, che di certo non è un sprovveduto, nemmeno due settimane or sono diceva che «a conti fatti otto regioni sono alla nostra portata. Sette sarebbero una delusione». Ecco, Matteoli ha buona probabilità di restare deluso. E peggio di lui rischiano di rimanere quelli che nel centrodestra sognavano un Pd «appenninico»: ridotto cioè a governare l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Umbria e poco più. Mica perché il partito di Pier Luigi Bersani stia facendo chissà cosa. Figuriamoci: il Pd, con i suoi errori, era e resta il migliore alleato del PdL. Ma il suo involontario aiuto potrebbe non bastare a compensare gli sbagli e le incertezze del centrodestra, nonché il ruolo giocato dall’Udc.
«Pier Ferdinando Casini sta facendo il furbo», commenta amaro il deputato berlusconiano Osvaldo Napoli. «In Campania e Calabria si prenderà gli assessori con il PdL. In Puglia, se appoggerà Adriana Poli Bortone contro il nostro candidato, probabilmente avrà già pronto un accordo sottobanco con Nichi Vendola per prendersi, anche lì, qualche assessore. Mentre in Piemonte l’anti-cattolica Mercedes Bresso ha già promesso la vicepresidenza della Regione al deputato dell’Udc Teresio Delfino».
Il resto dei casini il centrodestra se li sta creando da solo. La richiesta di Berlusconi a Rocco Palese, affinché ritirasse la candidatura in Puglia, è stata seguita nemmeno ventiquattr’ore dopo dal rilancio della candidatura dello stesso Palese, prima che partissero nuove trattative con l’Udc per candidare insieme Nicola De Bartolomeo, presidente regionale di Confindustria. Risultato: candidati confusi, elettori non ne parliamo. Mentre il Secolo, quotidiano ex An, spara fuoco amico sul leghista Roberto Cota, candidato della coalizione in Piemonte, perché «sta facendo molto poco» per contrastare il centrosinistra.
Così dal pallottoliere escono risultati poco confortanti, almeno se paragonati a certe aspettative. Delle tredici regioni in cui si voterà, solo in quattro oggi il centrodestra ha la ragionevole certezza di vincere: Lombardia, Veneto, Campania e Calabria. Anche il Pd può sentirsi la vittoria in tasca in quattro regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata. Alle quali, se non si troverà una candidatura che unisca PdL e Udc, andrà aggiunta la Puglia. In tre delle regioni in bilico - Piemonte, Liguria e Marche - la bilancia pende in favore del centrosinistra. Infine nel Lazio, nonostante il disastro lasciato da Piero Marrazzo, quella vittoria che sembrava facile appare ora un obiettivo alla portata, ma duro da raggiungere. Il titolo con cui ieri Repubblica avvertiva che Berlusconi rischia «di perdere 7 a 6», potrebbe rivelarsi persino troppo ottimistico per il premier.
Meglio, insomma, tornare con i piedi per terra. Ricordando, ad esempio, che solo in due delle regioni in cui si voterà - Lombardia e Veneto - oggi governa il centrodestra, e che è anche in base a questo dato di partenza che si dovrà capire chi ha vinto. «E non dimentichiamo», ammonisce Osvaldo Napoli, «che di recente abbiamo strappato al centrosinistra la Sardegna, l’Abruzzo e il Friuli-Venezia Giulia. Che vanno messe nel conto». Tutto vero. Ma è vero anche che nel PdL, slogan a parte, nessuno oggi pronostica più una vittoria travolgente. E molti firmerebbero al volo per vincere a marzo in «sole» sei o sette regioni.
© Libero. Pubblicato il 29 gennaio 2010.