Centrale nucleare di Krsko, storia di un successo

di Fausto Carioti

Non aspettavano altro. Il guasto alla centrale atomica slovena di Krsko se lo sono ritrovato tra le mani come un dono del cielo. Un po’ c’è da capirli: negli stessi giorni in cui il ministro Claudio Scajola annuncia il rilancio del progetto nucleare italiano, a 135 chilometri da Trieste un reattore perde acqua dal sistema di raffreddamento. Piatto ricco, mi ci ficco. Così a Ermete Realacci, ex presidente di Legambiente e oggi ministro-ombra del Pd, non è sembrato vero rievocare lo spettro di Chernobyl e tornare a dire che «il nucleare non funziona». Proprio come ai bei tempi. Realacci riesce persino a giurare che gli Stati Uniti «hanno ormai abbandonato» la scelta nucleare. Falso: gli Usa contano 104 reattori in funzione e 12 in arrivo, mentre altri 20 sono in lista per essere costruiti. Le associazioni ecologiste intanto cavalcano l’incidente e annunciano la costituzione di un comitato per il “no” al nucleare e il «rispetto della volontà popolare espressa nel 1987». Fingono di non sapere che i tre referendum di trent’anni fa non impediscono il ritorno dell’atomo di pace. Tanto è vero che per bloccare la costruzione di nuove centrali nucleari - e solo per un periodo di cinque anni - nel dicembre dell’87, dopo i referendum, dovette intervenire il Parlamento. Si rivedono persino i Verdi, che rialzano la testa presa a bastonate dagli elettori e accusano Silvio Berlusconi di voler trascinare l’Italia in una «avventura pericolosissima, rischiosissima e costosissima come il nucleare».

Purtroppo per i profeti di sventura e per fortuna di tutti gli altri, quanto accaduto dimostra che la tecnologia nucleare civile è molto più sicura di quello che vogliono farci credere. Persino nei reattori in funzione da un quarto di secolo. Quello di Krsko, infatti, è un reattore di seconda generazione, entrato in attività nel 1983, mentre gli impianti ai quali pensa il governo italiano appartengono alla cosiddetta “terza generazione avanzata”: dispongono, cioè, dei più aggiornati meccanismi di sicurezza passiva, progettati per bloccare automaticamente la fissione nucleare in caso di incidente. Nessun paragone è possibile. Eppure la tecnologia usata a Krsko - americana, niente a che vedere con i fatiscenti impianti sovietici modello Chernobyl - mercoledì ha retto benissimo al guasto. Il liquido di raffreddamento è finito nella camera di contenimento, all’esterno non ne è fuoriuscita una goccia. I tecnici hanno spento il reattore. Zero contaminazione radioattiva nell’ambiente circostante. Tant’è che già martedì la centrale tornerà in funzione. È infantile criticare un impianto perché si guasta. Le centrali nucleari sono opera dell’uomo, e come tali ben lontane dalla perfezione assoluta. L’importante è che gli incidenti siano stati previsti dai progettisti e che esistano tecnologie e procedure per renderli inoffensivi. Ed è proprio quello che è accaduto. Altro che Chernobyl: quella di Krsko è la storia di un successo.

Per inciso, chi ieri avesse voluto leggere di quanto accaduto nella centrale slovena sul Financial Times, ritenuto il più serio quotidiano europeo, avrebbe dovuto accontentarsi di quindici righe striminzite pubblicate in un trafiletto seminascosto a pagina 6. E infatti il guasto è stato minimo e le procedure di sicurezza hanno funzionato. Insomma, era una non-notizia. Ci voleva l’isteria di certi paleo-ecologisti, qui in Italia, per spacciarla come una minaccia seria.

© Libero. Pubblicato il 6 giugno 2008.

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