Il lato ironico della politica
di Fausto Carioti
Mica è vero che la politica è sempre noiosa e priva di ironia. Vi avessero detto un mese fa che alle regionali della Campania il PdL avrebbe candidato una schiera di cherubini contro un imputato in due processi (e anche condannato, fa sapere Marco Travaglio), appoggiato da Antonio Di Pietro e dal Partito democratico, ci avreste creduto? E invece.
Tutto parte dal fatto che Silvio Berlusconi, a modo (molto) suo, sa essere persino moralista. L’idea che un suo assessore o un consigliere finisca invischiato in vicende di corruzione degne di un ladro di polli lo manda in bestia. Non perché Berlusconi non sappia di che pasta sono fatti gli esseri umani (figuriamoci), ma perché non sopporta che uno si permetta di correre il rischio di rovinare, oltre se stesso, il partito di cui fa parte. Soprattutto in un momento delicatissimo come questo, in cui le procure di tutta Italia sembrano avere nel mirino gli uomini del PdL - con l’intenzione, magari, di risalire e puntare al bersaglio grosso - e con il Cavaliere che ha trasformato le elezioni regionali di fine marzo in un voto sull’operato del governo. Insomma, basta con le cavolate. Perché una cosa sono le inchieste “politiche”, quelle mosse contro di lui e contro la ristretta cerchia che lo circonda, e una cosa sono le inchieste che invece hanno un fondamento solido, perché qualcuno del PdL si è fatto beccare con il sorcio in bocca. Così, dopo avere indossato infiniti abiti, dal presidente-operaio al presidente-costruttore al presidente-partigiano, arriva anche il presidente-giudice. Che guarda dentro il cesto del PdL e sceglie le mele: quelle marce, via.
L’operazione “liste pulite” parte dalla Campania (e sarà interessante vedere se si fermerà in questa regione o andrà avanti nelle altre). Qui il PdL ha deciso che non candiderà né condannati né rinviati a giudizio. Quanto agli indagati, dovranno spiegare la loro situazione, documentandola, a un “tribunalino” del PdL, che deciderà se candidarli. Le stesse regole, sempre in Campania, Berlusconi e i suoi intendono imporle alle liste alleate, Udc e Mpa, che pare le abbiano persino accettate. Insomma, un’iniziativa della quale si sentiva un certo bisogno, e che sarebbe bene non restasse circoscritta. Sia per tranquillizzare Berlusconi. Il quale a pensare che le procure siano pronte a usare ogni pretesto per farlo fuori fa peccato, ma in molti casi ci azzecca. Sia - ed è la cosa più importante - per dare un segnale agli elettori del PdL. I quali non sopportano i politici ladri così come non sopportano la spocchia e il razzismo morale di tanti elettori ed esponenti del centrosinistra.
Ecco, stavolta chi voterà per la coalizione di centrodestra, in Campania, avrà buoni motivi per sfottere i rivali. Non solo per la pulizia delle liste che stanno facendo in queste ore i vertici del partito. Ma anche perché il candidato governatore scelto alla fine da Berlusconi, Stefano Caldoro, ha un curriculum giudiziario lindo e pinto. Mentre il suo rivale appoggiato anche dall’Idv, Vincenzo De Luca, sindaco diessino di Salerno, è imputato in due processi. E, se è vero quanto scritto ieri sul Fatto da Travaglio, è stato persino condannato: il 25 giugno 2004, a «quattro mesi di reclusione e 12mila euro di ammenda per aver violato le norme igienico-sanitarie del decreto Ronchi, autorizzando lo sversamento di rifiuti (una montagna di 20 mila tonnellate) in un sito di stoccaggio provvisorio e abusivo». Non male, per uno che si è detto pronto a dimettersi da governatore alla prima condanna.
© Libero. Pubblicato il 18 febbraio 2010.
Mica è vero che la politica è sempre noiosa e priva di ironia. Vi avessero detto un mese fa che alle regionali della Campania il PdL avrebbe candidato una schiera di cherubini contro un imputato in due processi (e anche condannato, fa sapere Marco Travaglio), appoggiato da Antonio Di Pietro e dal Partito democratico, ci avreste creduto? E invece.
Tutto parte dal fatto che Silvio Berlusconi, a modo (molto) suo, sa essere persino moralista. L’idea che un suo assessore o un consigliere finisca invischiato in vicende di corruzione degne di un ladro di polli lo manda in bestia. Non perché Berlusconi non sappia di che pasta sono fatti gli esseri umani (figuriamoci), ma perché non sopporta che uno si permetta di correre il rischio di rovinare, oltre se stesso, il partito di cui fa parte. Soprattutto in un momento delicatissimo come questo, in cui le procure di tutta Italia sembrano avere nel mirino gli uomini del PdL - con l’intenzione, magari, di risalire e puntare al bersaglio grosso - e con il Cavaliere che ha trasformato le elezioni regionali di fine marzo in un voto sull’operato del governo. Insomma, basta con le cavolate. Perché una cosa sono le inchieste “politiche”, quelle mosse contro di lui e contro la ristretta cerchia che lo circonda, e una cosa sono le inchieste che invece hanno un fondamento solido, perché qualcuno del PdL si è fatto beccare con il sorcio in bocca. Così, dopo avere indossato infiniti abiti, dal presidente-operaio al presidente-costruttore al presidente-partigiano, arriva anche il presidente-giudice. Che guarda dentro il cesto del PdL e sceglie le mele: quelle marce, via.
L’operazione “liste pulite” parte dalla Campania (e sarà interessante vedere se si fermerà in questa regione o andrà avanti nelle altre). Qui il PdL ha deciso che non candiderà né condannati né rinviati a giudizio. Quanto agli indagati, dovranno spiegare la loro situazione, documentandola, a un “tribunalino” del PdL, che deciderà se candidarli. Le stesse regole, sempre in Campania, Berlusconi e i suoi intendono imporle alle liste alleate, Udc e Mpa, che pare le abbiano persino accettate. Insomma, un’iniziativa della quale si sentiva un certo bisogno, e che sarebbe bene non restasse circoscritta. Sia per tranquillizzare Berlusconi. Il quale a pensare che le procure siano pronte a usare ogni pretesto per farlo fuori fa peccato, ma in molti casi ci azzecca. Sia - ed è la cosa più importante - per dare un segnale agli elettori del PdL. I quali non sopportano i politici ladri così come non sopportano la spocchia e il razzismo morale di tanti elettori ed esponenti del centrosinistra.
Ecco, stavolta chi voterà per la coalizione di centrodestra, in Campania, avrà buoni motivi per sfottere i rivali. Non solo per la pulizia delle liste che stanno facendo in queste ore i vertici del partito. Ma anche perché il candidato governatore scelto alla fine da Berlusconi, Stefano Caldoro, ha un curriculum giudiziario lindo e pinto. Mentre il suo rivale appoggiato anche dall’Idv, Vincenzo De Luca, sindaco diessino di Salerno, è imputato in due processi. E, se è vero quanto scritto ieri sul Fatto da Travaglio, è stato persino condannato: il 25 giugno 2004, a «quattro mesi di reclusione e 12mila euro di ammenda per aver violato le norme igienico-sanitarie del decreto Ronchi, autorizzando lo sversamento di rifiuti (una montagna di 20 mila tonnellate) in un sito di stoccaggio provvisorio e abusivo». Non male, per uno che si è detto pronto a dimettersi da governatore alla prima condanna.
© Libero. Pubblicato il 18 febbraio 2010.