Testamento biologico: contro Fini è già pronto il "lodo Sacconi"
di Fausto Carioti
Lasciare a Gianfranco Fini il timone della mediazione sul testamento biologico? Figuriamoci. «Mai, mai e poi mai permetteremo una cosa simile», annuncia un parlamentare di osservanza berlusconiana. E allora? Allora diventa di strettissima attualità il cosiddetto «lodo Sacconi», la soluzione teorizzata qualche settimana fa dal ministro del Welfare: approvare subito, per via parlamentare, una norma che sancisca «il diritto inalienabile all’alimentazione e all’idratazione per chi non è autosufficiente». In modo da rispettare l’impegno solenne assunto dal governo e dal PdL, con gli elettori e la Chiesa, in quei giorni di febbraio: «Mai più un’altra Eluana Englaro». E, allo stesso tempo, levare l’iniziativa a Fini e ai suoi.
Al momento, infatti, la proposta di mediazione tra il testo approvato al Senato e le posizioni dei laici porta la sigla del finiano Fabio Granata, il quale ha sottoscritto il testo di Eugenio Mazzarella, filosofo e deputato del Pd. Dove si prevede che alimentazione e idratazione debbano essere commisurate «alle aspettative di sopravvivenza, alle condizioni del paziente e alla necessità di non dar corso ad accanimento terapeutico» e siano decise insieme «tra il medico curante, cui spetta la decisione finale, l’eventuale fiduciario e i familiari». Una bella differenza rispetto al testo approvato dal Senato che sta per essere discusso alla Camera, dove si legge invece che alimentazione e idratazione forzate «non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento» e che il medico «non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente».
L’emendamento di Granata e Mazzarella - che porta anche le firme di altri quindici deputati, quattro dei quali del PdL, e piace a diversi cattolici - non tenta però solo i finiani. Ci sono alcuni berlusconiani doc - gente che Fini proprio non lo sopporta, per capirsi - che hanno una certa allergia nei confronti del testo varato dal Senato, anche se pare difficile si possa arrivare ai cinquanta-sessanta “dissidenti” sbandierati dai fedelissimi di Fini (se non altro perché la gran parte di costoro rientrerebbe nei ranghi appena il premier dovesse alzare la cornetta). Però il problema esiste, e dalla roulette delle votazioni segrete che si terranno alla Camera il presidente di Montecitorio potrebbe pure uscire con una forza che in realtà non ha, visto che il suo esercito ammonta, al massimo, a quindici-venti deputati. E anche se lo stesso Maurizio Sacconi ieri ha sfidato Fini, dicendogli che, «come già accaduto al Senato, alla Camera ci sarà una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo», evitare la conta finale dovrebbe convenire a tutti.
Così, se a Montecitorio ci saranno problemi ad approvare un testo non identico a quello del Senato, ma comunque basato sullo stesso impianto, il “piano b” è già pronto, e prevede di puntare su una mediazione diversa da quella proposta dai finiani: fare salvo da subito, come vuole il ministro del Welfare, il principio della non negoziabilità dell’idratazione e dell’alimentazione, per poi discutere con calma sulle cose ritenute meno importanti: dalla Dat, la dichiarazione anticipata di trattamento, al ruolo del fiduciario del testamento biologico. Difficile, del resto, che i parlamentari del PdL votino contro un provvedimento che il consiglio dei ministri aveva approvato all’unanimità. Anche la Chiesa, si pensa nell’esecutivo, non dovrebbe avere problemi ad accettare un allungamento dei tempi, nel momento in cui il principio della difesa della vita fosse subito tradotto in legge. Come Sacconi, del resto, la Chiesa è convinta che quello aperto dalla magistratura sul caso Englaro sia un «percorso eutanasico», che deve essere chiuso al più presto.
Se i gruppi parlamentari del PdL nicchiano, e ritengono il “lodo Sacconi” più utile come minaccia nei confronti degli avversari che come base per una buona legge, Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare, mostra invece di crederci sul serio: «Se c’è bisogno di tempo per trovare una soluzione generale condivisa, prendiamolo pure. Approvando subito, però, un provvedimento di precauzione per impedire un altro caso Eluana. Ricominciare dal testo su cui il consiglio dei ministri trovò l’accordo all’unanimità», assicura, «è una proposta di mediazione, con cui si evita anche di radicalizzare il confronto. Conviene pure a Fini». Concetto espresso in modo più duro da un altro esponente del governo: «Se è intelligente, Fini capisce e accetta la soluzione offerta da Sacconi. E si leva dal budello nel quale lui stesso si è andato infilare. Il voto segreto alla Camera, se va come al Senato, gli si ritorce contro e lo lascia senza più alibi».
© Libero. Pubblicato l'11 settembre 2009.
Lasciare a Gianfranco Fini il timone della mediazione sul testamento biologico? Figuriamoci. «Mai, mai e poi mai permetteremo una cosa simile», annuncia un parlamentare di osservanza berlusconiana. E allora? Allora diventa di strettissima attualità il cosiddetto «lodo Sacconi», la soluzione teorizzata qualche settimana fa dal ministro del Welfare: approvare subito, per via parlamentare, una norma che sancisca «il diritto inalienabile all’alimentazione e all’idratazione per chi non è autosufficiente». In modo da rispettare l’impegno solenne assunto dal governo e dal PdL, con gli elettori e la Chiesa, in quei giorni di febbraio: «Mai più un’altra Eluana Englaro». E, allo stesso tempo, levare l’iniziativa a Fini e ai suoi.
Al momento, infatti, la proposta di mediazione tra il testo approvato al Senato e le posizioni dei laici porta la sigla del finiano Fabio Granata, il quale ha sottoscritto il testo di Eugenio Mazzarella, filosofo e deputato del Pd. Dove si prevede che alimentazione e idratazione debbano essere commisurate «alle aspettative di sopravvivenza, alle condizioni del paziente e alla necessità di non dar corso ad accanimento terapeutico» e siano decise insieme «tra il medico curante, cui spetta la decisione finale, l’eventuale fiduciario e i familiari». Una bella differenza rispetto al testo approvato dal Senato che sta per essere discusso alla Camera, dove si legge invece che alimentazione e idratazione forzate «non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento» e che il medico «non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente».
L’emendamento di Granata e Mazzarella - che porta anche le firme di altri quindici deputati, quattro dei quali del PdL, e piace a diversi cattolici - non tenta però solo i finiani. Ci sono alcuni berlusconiani doc - gente che Fini proprio non lo sopporta, per capirsi - che hanno una certa allergia nei confronti del testo varato dal Senato, anche se pare difficile si possa arrivare ai cinquanta-sessanta “dissidenti” sbandierati dai fedelissimi di Fini (se non altro perché la gran parte di costoro rientrerebbe nei ranghi appena il premier dovesse alzare la cornetta). Però il problema esiste, e dalla roulette delle votazioni segrete che si terranno alla Camera il presidente di Montecitorio potrebbe pure uscire con una forza che in realtà non ha, visto che il suo esercito ammonta, al massimo, a quindici-venti deputati. E anche se lo stesso Maurizio Sacconi ieri ha sfidato Fini, dicendogli che, «come già accaduto al Senato, alla Camera ci sarà una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo», evitare la conta finale dovrebbe convenire a tutti.
Così, se a Montecitorio ci saranno problemi ad approvare un testo non identico a quello del Senato, ma comunque basato sullo stesso impianto, il “piano b” è già pronto, e prevede di puntare su una mediazione diversa da quella proposta dai finiani: fare salvo da subito, come vuole il ministro del Welfare, il principio della non negoziabilità dell’idratazione e dell’alimentazione, per poi discutere con calma sulle cose ritenute meno importanti: dalla Dat, la dichiarazione anticipata di trattamento, al ruolo del fiduciario del testamento biologico. Difficile, del resto, che i parlamentari del PdL votino contro un provvedimento che il consiglio dei ministri aveva approvato all’unanimità. Anche la Chiesa, si pensa nell’esecutivo, non dovrebbe avere problemi ad accettare un allungamento dei tempi, nel momento in cui il principio della difesa della vita fosse subito tradotto in legge. Come Sacconi, del resto, la Chiesa è convinta che quello aperto dalla magistratura sul caso Englaro sia un «percorso eutanasico», che deve essere chiuso al più presto.
Se i gruppi parlamentari del PdL nicchiano, e ritengono il “lodo Sacconi” più utile come minaccia nei confronti degli avversari che come base per una buona legge, Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare, mostra invece di crederci sul serio: «Se c’è bisogno di tempo per trovare una soluzione generale condivisa, prendiamolo pure. Approvando subito, però, un provvedimento di precauzione per impedire un altro caso Eluana. Ricominciare dal testo su cui il consiglio dei ministri trovò l’accordo all’unanimità», assicura, «è una proposta di mediazione, con cui si evita anche di radicalizzare il confronto. Conviene pure a Fini». Concetto espresso in modo più duro da un altro esponente del governo: «Se è intelligente, Fini capisce e accetta la soluzione offerta da Sacconi. E si leva dal budello nel quale lui stesso si è andato infilare. Il voto segreto alla Camera, se va come al Senato, gli si ritorce contro e lo lascia senza più alibi».
© Libero. Pubblicato l'11 settembre 2009.