Super Fioroni e lo stato etico all'amatriciana

di Fausto Carioti

Il bimbo passa troppo tempo a guardare immagini truculente su Internet e quando arriva a scuola fa il violento con i compagni? Niente paura, ci pensa Super Fioroni. Sembra la trama di una canzone demenziale di Elio e le Storie Tese. Invece è la cronaca del Consiglio dei ministri di ieri. Dove, giusto per non perdere l’abitudine, sono volati gli stracci. Tutta colpa di Francesco Rutelli. Il quale ricorda sempre più lo Zelig di Woody Allen: i suoi compagni di partito lo picchiano, quelli della sua coalizione picchiano quelli della Margherita e gli elettori, ogni volta che possono, prendono indistintamente a schiaffi l’intero centrosinistra. Insomma, succede che il vicepremier e ministro dei Beni culturali si presenta al tavolo di palazzo Chigi con la sua ultima fatica, un disegno di legge per la tutela dei minori dinanzi a film e videogiochi, e la illustra ai colleghi. Smorfia disgustata di Giuseppe Fioroni, ministro della Pubblica Istruzione: «Non basta». Rosy Bindi, Paolo Ferrero e Giovanna Melandri, indispettiti soprattutto per non essere stati consultati, annuiscono: «Ci vuole di più».

Così Fioroni, che in questi giorni ostenta disaccordo verso qualunque cosa dica Rutelli, riesce a rimandare indietro il testo del suo collega di partito e di governo: se ne riparlerà quando ci saranno regole più severe per l’accesso dei minori a Internet. Poveretto, c’è da capirlo: solo la chiusura dell’anno scolastico è riuscita a fermare la valanga di notizie provenienti dalla scuole di tutta Italia. Alunni e maestre impegnate in scene più hard che soft, minorenni che spacciano droga nei corridoi durante l’ora di ricreazione, pestaggi organizzati da bulli in fase prepuberale. Davanti a un simile sfascio Fioroni ha scelto la strategia dello struzzo: tutti sono colpevoli, tranne la scuola. È colpevole la famiglia, innanzitutto. Ed è colpevole Internet, che svolge il ruolo un tempo riservato a certi giornali a fumetti, alla televisione e ai cantanti rock “cattivi”. Uno studente pesta il compagno di banco? Colpa di Internet. Due ragazzi sono sorpresi a fare sesso nei bagni della scuola? L’avranno visto su YouTube. Anche ieri, durante il consiglio dei ministri, Fioroni ha detto che il bullismo in classe è dovuto all’uso del web.

Certo, così è molto comodo. Invece di riconoscere che la scuola italiana non riesce a trasmettere nulla, che i programmi si occupano più (peraltro senza successo) della “integrazione” degli alunni “difficili” che di insegnare storia e geografia, che la qualità dei docenti è sempre più bassa e che i più bravi tra loro, anche volendo, hanno le mani legate, perché bocciare è diventato politicamente scorretto, Fioroni punta l’indice su quello che accade fuori del suo ministero.

Ma il ministro ne esce a pezzi comunque. Primo, perché Internet non è la causa degli orrori che avvengono nella scuola italiana, ma lo specchio. Andrebbero quasi ringraziati, i telefonini che riprendono certe scene nelle aule e poi le riversano sul web. Piaccia o meno, quella “operazione trasparenza” che la pubblica istruzione non avrebbe mai fatto l’hanno compiuta le videocamere dei cellulari. Secondo: perché la semplice pretesa di regolamentare per legge l’accesso a Internet è esilarante. I testi e le immagini che viaggiano sul web arrivano da ogni angolo del mondo e alloggiano fisicamente su server sparsi ovunque nel globo. Solo le famiglie possono tenere i figli lontani da ciò che non si deve vedere. Deresponsabilizzare i genitori anche in questi ultimi doveri che restano loro, per assegnare il compito allo Stato, solletica la vocazione del governo Prodi alla costruzione di uno stato etico all’amatriciana, ma resta un sogno tecnicamente irrealizzabile. O si dispone di un mastodontico apparato repressivo come quello della Cina comunista - ma il ministro giura che non è questo l’esempio cui si ispira, e per una volta gli si può credere - o è meglio lasciar perdere. Tanto, i motivi per litigare a sinistra non mancano.

© Libero. Pubblicato il 14 luglio 2007.

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