Il ruolo istituzionale di Fini e i problemi del Pdl
di Fausto Carioti
Dopo aver rinunciato alle feste in Sardegna, Silvio Berlusconi farebbe bene a chiudere, tirando qualche tratto di penna sulle opere inutili in agenda, anche il capitolo delle celebrazioni per i 150 dell’Unità d’Italia, tanto caro a Giorgio Napolitano. Con rispetto parlando, ci sono questioni politiche più importanti della costruzione della pista ciclabile del Parco del Ponente ligure. Sull’immigrazione e sui temi della bioetica il governo e la maggioranza, lasciati a se stessi nel mare di agosto, rischiano di andare a fondo come un gommone bucato. Urge intervento del presidente del Consiglio, unico in grado di ricreare l’ordine dal caos del centrodestra. E una delle questioni con cui Berlusconi deve misurarsi - ieri lo si è capito bene - è l’attivismo di Gianfranco Fini, il quale gioca ormai una sua partita autonoma, del tutto slegata da quella del centrodestra. L’obiettivo del presidente della Camera lo sa solo lui, ma certo non sarebbe strano se sullo sfondo dei suoi pensieri ci fosse il Quirinale.
Fini, manco a dirlo, è liberissimo di dire ciò che vuole senza sentirsi vincolato a quel centrodestra che lo ha eletto terza carica dello Stato. Le sue idee diventano un problema serio per la maggioranza e il governo, però, se finiscono per influenzare il suo ruolo istituzionale, che invece dovrebbe essere super partes. A sentire quanto ha detto ieri a Genova lo stesso Fini, il rischio è alto. Alla festa del Pd, in mezzo ad applausi che se li avesse ricevuti il povero Dario Franceschini non ci avrebbe dormito la notte, oltre a definire «vagamente razziste» certe idee sull’immigrazione in voga nella Lega e ad accusare il PdL di copiare il Carroccio, Fini ha assicurato che farà «il possibile per correggere alla Camera» il disegno di legge sul testamento biologico. Secondo lui, infatti, la proposta attuale «difetta nel rispetto» del principio secondo cui la decisione estrema deve tenere conto del punto di vista del malato, dei familiari e dei medici. Fa anche capire, Fini, di ritenere che il Parlamento abbia scritto la norma condizionato dalla Chiesa.
Il presidente della Camera, in altre parole, si schiera pubblicamente con una parte del Parlamento, che comprende l’intera sinistra. Domanda: quella gran parte dei deputati che non è sulle sue posizioni può fidarsi di un presidente che, invece di assistere imparziale come dovrebbe, annuncia di volersi impegnare perché la legge venga approvata come vuole lui? Ovvio che no. Ieri i vertici parlamentari del PdL hanno preferito non rispondergli a caldo, ma oggi sono attese le loro repliche al presidente della Camera.
Berlusconi, intanto, è stato costretto a mandare avanti l’uomo della Provvidenza, Gianni Letta. Lo spettacolo offerto dalla maggioranza sta creando apprensione dalle parti di San Pietro, dove si vuole capire quale sia la linea in materia di testamento biologico. Letta oggi vedrà il presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco. Questo incontro potrà servire a chiarire i rapporti con Oltretevere, ma resta aperto il dissidio, sempre più evidente, con il presidente della Camera.
La Lega, poi, ci mette del suo. Il Carroccio è sicuramente più in sintonia con il grosso del PdL di quanto non lo siano Fini e i suoi, ma è convinto che la sua campagna elettorale per le regionali del 2010 consista nel creare un caso politico al giorno all’interno della maggioranza. Così ieri sulla Padania, il quotidiano della Lega, è apparso un avvertimento alla Chiesa: «Se le gerarchie ecclesiastiche proseguiranno in questa politica marcatamente interventista (...) bisognerà inserire nell’agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti Lateranensi». Tipico esempio di uscita che porta consensi alla Lega e crea problemi a non finire a Berlusconi. Le rassicurazioni dei capigruppo del Carroccio che «la Lega non ha alcuna intenzione di modificare il Concordato» abbassano la tensione, ma non risolvono il problema. Che è la necessità di Umberto Bossi e i suoi di ostentare una politica diversa da quella del PdL e dello stesso governo.
A Berlusconi conviene riprendere in mano la situazione il prima possibile, trovando un accordo con Umberto Bossi per le regionali e circoscrivendo il ruolo di Fini. Anche perché, tra le velleità movimentiste del presidente della Camera e gli esibizionismi della Lega, chi rischia sul serio è solo lui.
© Libero. Pubblicato il 27 agosto 2009.
Dopo aver rinunciato alle feste in Sardegna, Silvio Berlusconi farebbe bene a chiudere, tirando qualche tratto di penna sulle opere inutili in agenda, anche il capitolo delle celebrazioni per i 150 dell’Unità d’Italia, tanto caro a Giorgio Napolitano. Con rispetto parlando, ci sono questioni politiche più importanti della costruzione della pista ciclabile del Parco del Ponente ligure. Sull’immigrazione e sui temi della bioetica il governo e la maggioranza, lasciati a se stessi nel mare di agosto, rischiano di andare a fondo come un gommone bucato. Urge intervento del presidente del Consiglio, unico in grado di ricreare l’ordine dal caos del centrodestra. E una delle questioni con cui Berlusconi deve misurarsi - ieri lo si è capito bene - è l’attivismo di Gianfranco Fini, il quale gioca ormai una sua partita autonoma, del tutto slegata da quella del centrodestra. L’obiettivo del presidente della Camera lo sa solo lui, ma certo non sarebbe strano se sullo sfondo dei suoi pensieri ci fosse il Quirinale.
Fini, manco a dirlo, è liberissimo di dire ciò che vuole senza sentirsi vincolato a quel centrodestra che lo ha eletto terza carica dello Stato. Le sue idee diventano un problema serio per la maggioranza e il governo, però, se finiscono per influenzare il suo ruolo istituzionale, che invece dovrebbe essere super partes. A sentire quanto ha detto ieri a Genova lo stesso Fini, il rischio è alto. Alla festa del Pd, in mezzo ad applausi che se li avesse ricevuti il povero Dario Franceschini non ci avrebbe dormito la notte, oltre a definire «vagamente razziste» certe idee sull’immigrazione in voga nella Lega e ad accusare il PdL di copiare il Carroccio, Fini ha assicurato che farà «il possibile per correggere alla Camera» il disegno di legge sul testamento biologico. Secondo lui, infatti, la proposta attuale «difetta nel rispetto» del principio secondo cui la decisione estrema deve tenere conto del punto di vista del malato, dei familiari e dei medici. Fa anche capire, Fini, di ritenere che il Parlamento abbia scritto la norma condizionato dalla Chiesa.
Il presidente della Camera, in altre parole, si schiera pubblicamente con una parte del Parlamento, che comprende l’intera sinistra. Domanda: quella gran parte dei deputati che non è sulle sue posizioni può fidarsi di un presidente che, invece di assistere imparziale come dovrebbe, annuncia di volersi impegnare perché la legge venga approvata come vuole lui? Ovvio che no. Ieri i vertici parlamentari del PdL hanno preferito non rispondergli a caldo, ma oggi sono attese le loro repliche al presidente della Camera.
Berlusconi, intanto, è stato costretto a mandare avanti l’uomo della Provvidenza, Gianni Letta. Lo spettacolo offerto dalla maggioranza sta creando apprensione dalle parti di San Pietro, dove si vuole capire quale sia la linea in materia di testamento biologico. Letta oggi vedrà il presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco. Questo incontro potrà servire a chiarire i rapporti con Oltretevere, ma resta aperto il dissidio, sempre più evidente, con il presidente della Camera.
La Lega, poi, ci mette del suo. Il Carroccio è sicuramente più in sintonia con il grosso del PdL di quanto non lo siano Fini e i suoi, ma è convinto che la sua campagna elettorale per le regionali del 2010 consista nel creare un caso politico al giorno all’interno della maggioranza. Così ieri sulla Padania, il quotidiano della Lega, è apparso un avvertimento alla Chiesa: «Se le gerarchie ecclesiastiche proseguiranno in questa politica marcatamente interventista (...) bisognerà inserire nell’agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti Lateranensi». Tipico esempio di uscita che porta consensi alla Lega e crea problemi a non finire a Berlusconi. Le rassicurazioni dei capigruppo del Carroccio che «la Lega non ha alcuna intenzione di modificare il Concordato» abbassano la tensione, ma non risolvono il problema. Che è la necessità di Umberto Bossi e i suoi di ostentare una politica diversa da quella del PdL e dello stesso governo.
A Berlusconi conviene riprendere in mano la situazione il prima possibile, trovando un accordo con Umberto Bossi per le regionali e circoscrivendo il ruolo di Fini. Anche perché, tra le velleità movimentiste del presidente della Camera e gli esibizionismi della Lega, chi rischia sul serio è solo lui.
© Libero. Pubblicato il 27 agosto 2009.