Cosa c'è nel dossier segreto sulla Ru486

di Fausto Carioti

Eccolo qui, il dossier riservato sulla Ru486 di cui tutti parlano e nessuno ha ancora pubblicato una riga. È lungo 52 pagine, scritte in inglese e in francese. Sulla copertina appare l’intestazione della Exelgyn, l’azienda produttrice della pillola. Una scritta avverte che si tratta di materiale «confidenziale». La casa farmaceutica francese lo ha inviato il 25 marzo scorso ai tecnici del ministero italiano della Sanità, che avevano chiesto chiarimenti molto circostanziati all’azienda, anche per rispondere alle interrogazioni parlamentari presentate al governo sulla pillola abortiva e sulle morti legate al suo uso. I tecnici del dicastero lo hanno poi girato all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, affinché ne tenesse conto per le sue valutazioni. Negli ultimi giorni sono stati in tanti a chiedere che questo documento diventi pubblico. Il senatore a vita Francesco Cossiga ha rivolto un’interpellanza all’esecutivo chiedendo «se non ritenga necessario fare chiarezza sulle notizie relative alle morti, rendendo pubblici il dossier della Exelgyn e il carteggio fra il ministero e l’Aifa». Più duro il deputato dell’Udc Luca Volontè: «L’Aifa pubblichi il dossier sulla Ru486 o si dovrà assumere la responsabilità di tutte le conseguenze che la pillola assassina potrà provocare».

Il contenuto del dossier è spiegato nelle prime righe: «Questo rapporto passa in rassegna tutti i casi riportati di eventi negativi che hanno avuto esito fatale associati alla somministrazione di Mifegyne (mifepristone) durante il periodo dal 28 dicembre 1988 al 31 dicembre 2008. Le morti in feto o neonatali di bambini esposti al mifepristone non sono state inserite». Mifegyne è il nome commerciale della Ru486 e il mifepristone è il suo principio attivo. Nel periodo osservato, spiega il dossier, sono stati riportati «ventinove casi di reazioni avverse con evoluzione fatale nei pazienti trattati con mifepristone».

Di queste ventinove morti, «dodici casi erano legati all’uso “compassionevole” del Mifegyne», e secondo la casa farmaceutica «in undici casi su dodici la malattia trattata è stata la causa della morte». Il farmaco, infatti, viene usato anche per trattare patologie particolari come i meningiomi, il sarcoma, la depressione. In Gran Bretagna, ad esempio, un anno fa è morto un uomo di 37 anni trattato con il mifepristone per curare la depressione. Causa immediata della morte: disordine cardiaco. Conclusione della Exelgyn: il caso «non è collegato» al mifepristone.

Delle diciassette morti seguenti all’uso del farmaco per interrompere la gravidanza, sette sono avvenute negli Stati Uniti, cinque nel Regno Unito, due in Francia e una in Canada, Svezia e Taiwan. Due di questi diciassette casi, secondo la ditta che produce la Ru486, «sono stati probabilmente causati dalla prostaglandina usata dopo la somministrazione di mifepristone». Questo perché, per completare l’aborto, di solito è necessario assumere un secondo farmaco, generalmente il Misoprostol, che provocando contrazioni uterine favorisce l’eliminazione dell’embrione. Dodici casi sono stati invece «seguenti a complicazioni tromboemboliche, emorragiche o infettive dell’aborto». Le restanti tre morti seguenti a tentativo di aborto chimico secondo la Exelgyn «sono dovute a cause non specificabili». Di alcuni di questi casi si parla per la prima volta proprio nel documento confidenziale di cui Libero è giunto in possesso.

Ogni morte è corredata da un breve riassunto che ne descrive i sintomi e i fatti accaduti, quando disponibili. Sono i casi inglesi quelli che colpiscono di più: oltremanica una ragazza è morta per emorragia gastrica dopo aver cercato di procurarsi l’aborto chimico con una compressa di mifepristone (l’autopsia ha rivelato un litro di sangue nel suo stomaco), una donna inglese è morta per embolia polmonare, una per emorragia massiva, una per crisi asmatica e un’altra per arresto cardiaco. Due di questi decessi sono avvenuti dopo il febbraio del 2008, cioè dopo che in Italia il comitato tecnico-scientifico dell’Aifa aveva dato il primo e più importante via libera alla pillola abortiva. Nonostante i rilievi del ministero, i tecnici dell’Agenzia del farmaco non hanno ritenuto queste morti un motivo sufficiente per rivedere la loro posizione. A Taiwan una donna di 31 anni è morta in ospedale, dopo aver ingerito mifepristone in due dosi successive, per «porpora trombotica trombocitopenia, emorragia intracraniale ed emorragia massiva intrauterina in data non specificata». Numerosi anche i casi in cui la morte è dovuta all’aggressione del Clostridium Sordellii, un batterio rarissimo, che però appare in ben sette dei casi di morte seguenti a tentativi di aborto mediante Ru486. Anche se, a tutt’oggi, non esiste un rapporto di causa ed effetto scientificamente accertato tra l’uso del farmaco e la presenza del batterio.

Da quando è stata messa in commercio, nel settembre del 1989 in Francia, sino al febbraio 2009, secondo la Exelgyn sono state vendute 2.453.870 scatole di Mifegyne, da tre compresse l’una. Per abortire di norma è necessario prendere tutte e tre le pillole, ma in alcuni casi può esserne usata anche una sola. Nonostante il numero di morti legate all’uso della pillola, la casa farmaceutica conclude il rapporto scrivendo che «la somministrazione di Mifegyne in se stessa non causa direttamente eventi avversi fatali. Comunque, l’aborto indotto non è senza rischi, ma con Mifegyne usato secondo le indicazioni molti casi possono essere prevenuti e gestiti attivamente con la prescrizione di un buon servizio medico».

© Libero. Pubblicato il 1 agosto 2009.

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