Stanno regalando Napolitano a Berlusconi

di Fausto Carioti

I giornali sono pronti a pubblicare le intercettazioni delle telefonate “bollenti” di Silvio Berlusconi. Le toghe militanti hanno deciso di tentare il tutto per tutto per stroncare la carriera politica del Cavaliere, nella consapevolezza che, se non ci riescono adesso, tra cinque anni rischiano davvero di trovarselo presidente della Repubblica, e quindi capo del Csm, l’organo di autogoverno dei magistrati. Così, se il presidente del consiglio vuole avere buone notizie, in queste ore è a sinistra che deve andare a cercarle. Per la precisione in casa dei suoi nemici giurati, i girotondini. Dove Paolo Flores D’Arcais e gli altri riesumati del clan Micromega stanno riuscendo a fare quello che non è riuscito a Gianni Letta negli ultimi due anni: portare Giorgio Napolitano nelle braccia del premier.

A sinistra la spaccatura sull’atteggiamento del Quirinale nei confronti dei provvedimenti sulla giustizia voluti dal governo è netta, ma sarebbe rimasta sottotraccia se D’Arcais non avesse detto al Riformista ciò pensa davvero. E cioè che la lettera con cui Napolitano ha ricordato che non spetta al Csm valutare la costituzionalità dei provvedimenti del governo è «una vergogna». È il segno di una svolta: è la prima volta che l’attuale presidente della repubblica viene attaccato in modo così pesante, ma la vera notizia è che l’aggressione arriva da sinistra.

L’uscita del reduce sessantottino ha costretto i vertici del partito democratico a correre in difesa del Quirinale. Cioè a intervenire contro l’invasione di campo del Csm. Alti esponenti del Pd, appartenenti un po’ a tutte le correnti (pardon, fondazioni), hanno detto che D’Arcais ha un atteggiamento «vomitevole e squallido», che punta solo «a conquistare spazi sui giornali», che usa parole «inaccettabili», che è «incompatibile con il rispetto e la comprensione dei principi costituzionali», «ha perso il senso della realtà» e così via. Interventi dietro ai quali si intravede il terrore di regalare al centrodestra anche l’appoggio della prima carica dello Stato. D’Arcais risponde che «tanti militanti del Pd saranno comunque a piazza Navona», alla manifestazione dell’8 luglio contro le «leggi vergogna», che a questo punto sarà anche contro Veltroni e Napolitano. Un bailamme nel quale persino Antonio Di Pietro, che pure parteciperà alla protesta, prova a prendere le distanze dal suo compagno di piazza per non avvalorare l’impressione di essere anche lui nemico del Quirinale. Purtroppo, l’ex pm non trova niente di meglio da dire che Napolitano è stato «raggirato», facendo fare al presidente della repubblica la figura del morto di sonno.

Seduti comodi in prima fila, bibita e pop corn in mano, Berlusconi e i suoi si gustano lo spettacolo gentilmente offerto dall’opposizione. Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia, si toglie pure il gusto di fare il paladino del Quirinale: «È indecente che Paolo Flores insulti e offenda il capo dello stato». È un caso, ma a sinistra non può passare inosservato che, proprio ieri, Napolitano abbia dato il via libera a una di quelle che i girotondini chiamano «leggi vergogna», ovvero il “lodo Alfano”, il disegno di legge che prevede l’immunità penale per le più alte cariche dello Stato.

Il presidente della repubblica presto sarà chiamato a mettere la sua firma anche sul decreto in materia di sicurezza convertito in legge dalle Camere, al quale, con un emendamento parlamentare, è stata aggiunta la norma blocca-processi che interessa direttamente il premier. Napolitano nicchia. Non gli è piaciuto che la modifica sia stata introdotta senza alcun preavviso. E tra i giuristi democratici che nelle prossime ore presenteranno un appello nel quale si dicono «vivamente preoccupati» per le nuove leggi sulla giustizia, più d’uno, in queste ore, sta premendo sul Quirinale. Napolitano, infatti, potrebbe non firmare il nuovo testo, come si augurano tutti a sinistra.

Ma nel Pdl sono fiduciosi. Primo, perché Napolitano ha già firmato il decreto, sebbene privo del blocca-processi, quando è stato varato dal consiglio dei ministri. Secondo, perché il presidente della repubblica non sembra ritenere la norma blocca-processi tanto grave da impedire la conversione in legge dell’intero decreto. Terzo, perché non è certo insultando Napolitano che da sinistra riusciranno a fargli cambiare idea.

Alla fine, il presidente della repubblica dovrebbe controfirmare il provvedimento sulla sicurezza, mandando allo stesso tempo un messaggio al governo, in modo da rendere pubblica la sua perplessità per l’inserimento della norma blocca-processi. Andasse così, per Berlusconi sarebbe comunque un successo. E la sinistra avrebbe nuovi motivi per piangere su se stessa per come ha gestito male i rapporti con il Quirinale.

© Libero. Pubblicato il 3 luglio 2008.

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