Sanguineti, ovvero l'elogio dell'odio di classe

di Fausto Carioti

Con quella faccia un po’ così che hanno i poeti comunisti che sono nati a Genova, Edoardo Sanguineti, candidato a sindaco del capoluogo ligure, ha messo in prosa il suo programma di governo per la città: «Restaurare l’odio di classe, perché i potenti odiano i proletari e l’odio deve essere ricambiato». Manca la rima, ma il concetto è chiaro: più odio per tutti. A portare avanti la sua candidatura, ovviamente, quelli che sventolano la bandiera della pace: Rifondazione, i Comunisti italiani, i fuoriusciti dal correntone diessino riuniti sotto la sigla “Unione a sinistra” e le solite associazioni ambientaliste, terzomondiste e pacifiste.

Una licenza da poeta, come magari cercheranno di farci credere oggi Fausto Bertinotti, Oliviero Diliberto e gli altri campioni di kamasutra dialettico, allenati da decenni nel cercare di convincerci che comunismo e democrazia possono convivere? No. È proprio Sanguineti che è fatto così: dice queste cose infami e violente perché le pensa. Sanguineti, classe 1930, è la smentita vivente a uno dei cliché più diffusi, quello che i poeti, specie quelli di sinistra, arrivati a una certa età siano tutti come Tonino Guerra: malinconici eppure sorridenti, preoccupati per la pace nel mondo e impegnati a declamare versi sul profumo della vita. Il nonno dolce che tutti avremmo voluto avere. Manco per idea: Sanguineti è un vecchio perfido. Quando parla, anche se sorride, i canini della sua dentiera scintillano: vogliono sangue.

Poche settimane fa, in pubblico a Pavia, ci aveva fatto sapere cosa ne pensa della strage di piazza Tien An Men (Pechino, giugno 1989, 1.300 morti): «Quaranta ragazzetti innamorati del mito occidentale e della Coca-Cola hanno fatto più rumore di migliaia di operai massacrati in Cile». Cioè: se ti ammazza Pinochet sei un eroe del popolo, se finisci sotto un carro armato con la stella rossa sei un idiota servo degli americani. Uno così, quelli che hanno dedicato un’aula del Senato a Carlo Giuliani non potevano che candidarlo sindaco.

Nessuna “provocazione” nelle sue parole. Sanguineti ieri non parlava dal palco di un teatro. Il candidato della sinistra pacifista era alla conferenza stampa di presentazione del programma di “Unione a sinistra”, in vista delle primarie genovesi del 4 febbraio. Ha argomentato il suo appello all’odio: «Oggi la merce uomo, il suo lavoro, è la più svenduta e chi dovrebbe averne coscienza, ossia la classe proletaria, non la ha, inibita da una cultura dominata dalla tv. Oggi i proletari sono anche gli ingegneri, i laureati, i precari, i pensionati». Politica allo stato puro, anche se tradotta in concetti e parole che in un Paese normale ormai si sentono solo su History Channel. Sanguineti stesso ha sempre detto che della poesia non gli importa nulla, l’unica cosa che gli interessa è la politica. In una recente intervista ha voluto cancellare ogni possibile equivoco sulla sua candidatura: «Non sono una piccola star, individuata per fare da acchiappavoti. Sono Edoardo Sanguineti, materialista storico».

Prima di scandalizzarci, apprezziamolo, almeno per un momento. Se non altro, Sanguineti ha la coerenza di non provare a smerciarci la versione edulcorata del marxismo, non ci viene a raccontare che il comunismo è una cosa simpatica, pacifica e democratica. Vende odio, Sanguineti, ma ce lo presenta come tale. È sincero. C’è di peggio, di molto peggio.

© Libero. Pubblicato il 6 gennaio 2007.

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