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Visualizzazione dei post da febbraio, 2008

Castrazione chimica? Si può fare

E' passata appena una settimana. Era il 19 febbraio e Walter Veltroni, segretario e candidato premier del partito democratico, diceva che «la castrazione chimica no», non si fa. Il senatore Giorgio Tonini, della segreteria del Pd, annuiva e spiegava che la castrazione chimica è «impossibile per la nostra cultura giuridica». Ora si scopre che Veltroni, in questi pochi giorni, ha cambiato idea . Miracoli che solo la necessità di colmare il divario di consensi che separa il Pd dalla lista di Silvio Berlusconi riesce a realizzare. Ogni obiezione di principio è caduta. L'aggettivo «impossibile» è scomparso dal vocabolario del Pd. Adesso, se la castrazione chimica dimostra di funzionare, se ne può parlare. Del resto Umberto Veronesi, che Veltroni ha fortissimamente voluto candidare nella sua lista, da anni sostiene la necessità di adottarla. Veltroni è il benvenuto , e del resto a conclusioni assai più chiare delle sue sono già arrivati i laburisti inglesi. La prova del nove, per

De Gregorio e gli altri

di Fausto Carioti C'è da ridere a leggere le "ragioni" con cui i magistrati romani hanno messo sotto indagine per corruzione il senatore Sergio De Gregorio. Le agenzie di stampa spiegano che «il procedimento è stato avviato dopo l'arrivo nella Capitale del fascicolo inviato da Napoli sul presunto accordo tra il leader del movimento degli italiani nel mondo e il leader del PdL, Silvio Berlusconi». Presunto? Ma quando mai. Accordo palese, bisogna dire. Sbandierato. Ostentato. Mai intesa fu esibita con più orgoglio di questa. Sul Corriere della Sera del 27 luglio De Gregorio, tutto felice, raccontava che Berlusconi, siglando il “patto federativo” tra Forza Italia e Italiani nel mondo, gli aveva staccato un assegno da 300mila euro. Serviranno «per promuovere il mio partito e la Cdl all’estero, ed è normale che la Cdl finanzi un partito a lei federato», spiegava il pasciuto senatore. Prodigo di dettagli, aggiungeva: «È il primo aiuto che riceviamo da Berlusconi, servirà al

Il bilancio di Fidel e le aspettative su Raúl

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L'addio di Fidel Castro Ruz al potere fa intravedere un barlume di luce al leader intellettuale della dissidenza cubana in esilio, Carlos Alberto Montaner, vicepresidente dell'Internazionale liberale. Montaner traccia il bilancio di mezzo secolo di comunismo imposto all'isola dal tiranno barbuto e spiega perché la situazione, con Raúl Castro al potere, può migliorare. Di poco, certo, perché poi è sempre di comunisti che stiamo parlando. Alcuni estratti dalla sua analisi , tradotti al volo dal sottoscritto: «Il bilancio di questi 50 anni è orrendo. Non c'è alcun modo in cui la storia possa assolvere Fidel Castro. Lo impediscono due milioni di esiliati, migliaia di prigionieri politici - quasi trecento dei quali sono ancora dietro le sbarre - migliaia di esecuzioni, assoluta assenza di libertà, famiglie distrutte e i peggiori fallimenti materiali nella storia delle dittature dell'America Latina». «Non è accaduto niente di buono in questo periodo? Sì. Il Paese ha 800.0

Il tiranno della Cia che odiava gli omosessuali

di Fausto Carioti «La historia me absolverá», disse Fidel Alejandro Castro Ruz, ventisettenne, il 16 ottobre del 1953, concludendo l'arringa al processo che lo vedeva imputato per il suo primo (goffo) tentativo di colpo di stato ai danni del regime di Fulgencio Batista. Si vedrà. Di sicuro storici e giornalisti, per non parlare della quasi totalità della élite culturale occidentale, inclusi i tre quarti di Hollywood, sinora sono stati molto indulgenti con il tiranno che ieri ha dato l'addio definitivo al potere. Di più: in molti casi hanno fatto a gara a chi chiudeva meglio gli occhi dinanzi agli orrori dell'Havana. Da brave cheerleaders, hanno sgomitato per essere in prima fila nel dipingere il ritratto del combattente romantico e dello statista coraggioso. Sono finiti in fondo ai cassetti, così, aspetti importanti del caudillo rosso. Il cinismo di Fidel, ad esempio, l'uso strumentale che fece dell'ideologia comunista e del suo rapporto con gli Stati Uniti, gli fur

Quota sedici

di Fausto Carioti La domanda che in queste ore gira nel centrodestra è quella che Maurizio Gasparri si pone a voce alta: «Ma la proposta sul nuovo assetto del sistema delle comunicazioni in Italia Di Pietro la fa a titolo personale? Veltroni, con il quale si è alleato, la condivide?». Insomma, il ruolo dell’ex pm è chiaro: da qui al 13 aprile dovrà spararne una al giorno per impedire che gli elettori che hanno in odio Berlusconi cedano alla tentazione dell’astensionismo o votino per la Sinistra Arcobaleno di Fausto Bertinotti. La proposta di espropriare le reti Mediaset, lasciando al Biscione un solo canale, è solo l’inizio dell’escalation alla quale assisteremo sino all’apertura delle urne. Walter Veltroni lascia fare: se si è alleato con Antonio Di Pietro non è per le virtù diplomatiche del leader dell’Italia dei Valori, ma perché costui gli porta in dote i voti degli antiberlusconiani viscerali. Un conto, però, è dare guinzaglio lungo al ringhioso molisano, un altro è condividerne t

Berlusconi verso la vittoria dimezzata (e va bene così)

La scelta di non allearsi con l'Udc di Pier Ferdinando Casini ha una spiegazione che, ridotta all'essenziale, si può riassumere così: Silvio Berlusconi è pronto a un governo di unità nazionale con Walter Veltroni. Ovvio, preferirebbe ottenere una maggioranza consistente (diciamo una ventina di seggi) al Senato. E si batterà per averla. Ma ha già messo in conto di non poterla raggiungere. E non si scompone davanti all'idea di governare con il partito democratico. La minaccia di Casini era proprio quella di erodere il margine di vantaggio che il Pdl dovrebbe ottenere al Senato. Correndo sola, infatti, l'Udc uscirà a pezzi dalle urne (contate i senatori e i deputati di cui dispone oggi, e fate lo stesso dopo il 13 aprile: sarà una strage). Però la decisione di Casini farà male anche a Berlusconi, il quale al Senato rischia davvero di trovarsi in una situazione non identica, ma comunque paragonabile a quella che ha portato Prodi nel baratro. Davanti alla scelta tra accettar

La tv dei piccoli (kamikaze)

Non so voi, ma io non sono molto ottimista sul fatto che il trascorrere del tempo, e l'irrompere sulla scena delle nuove generazioni, possano facilitare l'evoluzione dei rapporti tra palestinesi e israeliani.

Obama e gli altri: previsioni un tanto al chilo

In Italia si sta dando molta enfasi alle elezioni presidenziali americane. Giustificatissima, per carità: in gioco c'è la guida della più grande e potente democrazia del pianeta. L'impressione, però, è che, a destra come a sinistra, si stia seguendo la contesa con una forte carica d'ingenuità. L'ipotesi che vinca un candidato democratico (i cui connotati assomigliano sempre più a quelli di Barack Hussein Obama) sembra autorizzare wet dreams a ripetizione nella sinistra italiana, nel cui immaginario un po' sempliciotto Obama è una sorta, se non di un Fidel Castro, quantomeno di un Simon Bolivar nordamericano. E' l'uomo che cambierà gli Stati Uniti, e con essi il mondo, e lo farà ispirandosi (lui, che nel 1968 aveva sette anni) a ideali assai simili a quelli sessantottini. Analoga previsione - che in questo caso diventa paura - è fatta a destra. Sbaglierò, ma mi sembra un'idea piuttosto imbecille. Per una lunga serie di motivi, alcuni dei quali provo a ri

Fusionismi

Ce n'è una al giorno, impossibile starci dietro. L'ultima viene da una organizzazione cattolica olandese, che ha proposto di cambiare nome al digiuno quaresimale, ribattezzandolo "Ramadan cattolico". Motivazione : «L'immagine del digiuno cattolico deve essere ripulita. Il fatto che usiamo un termine islamico è legato al fatto che tra i giovani il Ramadan è un concetto più conosciuto della Quaresima». Gli esperti di marketing direbbero che che l'islam è un brand più "cool" di quello cattolico. Pochi giorni fa, era toccato nientemeno che all'arcivescovo di Canterbury (lo stesso che aveva deriso la natività), capo della chiesa d'Inghilterra, chiedere di introdurre nell'ordinamento inglese alcuni elementi della sharia, la legge islamica. Eppure le risposte che arrivano dal fronte islamico sono chiare e inequivocabili .

L'errore di Casini

di Fausto Carioti «Appoggio con forza l’idea di un partito dei moderati italiani da creare entro l’autunno per dare tempestiva risposta di discontinuità ai nostri elettori». Era l’agosto del 2005 e Pier Ferdinando Casini parlava così. Da allora sono cambiate molte cose e tutti i personaggi sulla scena - mica solo lui - hanno avuto modo di smentire se stessi a più riprese. Una cosa, però, non è cambiata: la voglia degli elettori di avere un sistema politico più semplice e chiaro. Tra gli elettori del centrodestra questo desiderio è diventato più forte dopo la decisione di Walter Veltroni di far scendere in campo da solo, senza alleati, il suo Partito democratico. Proprio per questo, la scelta annunciata ieri dal leader dell’Udc appare incomprensibile. Dicendo «no» all’offerta di entrare nella lista unica con Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, primo passo decisivo verso la creazione di un nuovo soggetto politico, Casini ha rinnegato quattordici anni di percorso compiuto in sostanziale

I due forni di Berlusconi

La verità è che Silvio Berlusconi deve ringraziare Walter Veltroni. Eccome. Grazie alla creazione del partito democratico, alla impostazione leaderistica che il sindaco di Roma ha dato al Pd e alla scelta di farlo correre da solo, Berlusconi si trova, per la prima volta da quando fa politica, nella condizione di poter scegliere più o meno tutto. Soprattutto gli alleati. E non è affatto detto che chi è alleato con lui per le elezioni lo sia anche il giorno dopo il voto. La prima scelta che Berlusconi deve fare riguarda - ovviamente - con chi allearsi per il voto. Ovvero, vista la legge elettorale in vigore, con chi dividere il probabile premio di maggioranza. Il quale, ricordiamo, a Montecitorio è assegnato su base nazionale alla coalizione che ha preso più voti. Ma nulla vieta ai partiti di presentarsi da soli. La tentazione che sta assalendo Berlusconi in questi giorni è quella di riproporre l'"editto" di piazza San Babila, rivolto agli altri partiti del centrodestra: ne

Vita e aborto, a sinistra qualcosa si muove

Dal blog di Giuseppe "Peppino" Caldarola , ex direttore dell'Unità e attualmente deputato del Pd. Alcuni settori del mondo cattolico e delle gerarchia chiedono di rivedere le norme dell'aborto tenendo conto delle acquisizioni della scienza in merito alla data d'inizio della vita (usiamo qui una formula brutta ma serve a capirici). Una parte del mondo cosiddetto laico tace, anzi la gran parte, un'altra grida all'aggressione clericale e all'arretramento dei diritti delle donne. Non capisco perchè un tema solenne come la vita debba sollevare discussioni così ideologiche. Non mi sfugge il valore simbolico di un dibattito sulla vita e sulla morte. Non sfugge alla mente umana da alcuni millenni. Mi sfugge il fatto che alcune componenti del mondo laico e progressista non cerchino di mettersi dalla parte della vita e di qui giudicare il resto. Prendiamo la difficile discussione sulla rianimazione dei feti, cioè dei bimbi prematurissimi. Come si può discutere i

Se perdono loro non vale

di Fausto Carioti Se perdiamo non vale. Così, storpiando Julio Iglesias , le macerie dell’Unione rotolano verso quella che si preannuncia come una batosta senza precedenti. Sono a picco nei sondaggi, anche in quelli dei quotidiani amici: secondo Repubblica, nell’ipotesi più plausibile, quella che vede il centrosinistra diviso e la Cdl candidarsi unita, il centrodestra conquista il 53,7% dei voti e l’attuale maggioranza arranca a quota 46%. Altre rilevazioni fotografano un divario ancora più ampio e, nelle regioni più popolate del Nord danno il centrosinistra sotto di venti o trenta punti. Sono lacerati al loro interno, assai più di quanto appaia a prima vista. Marco Damilano, sull’Espresso, ha appena raccontato l’applauso da stadio scattato alla fondazione del cinema per Roma quando il Senato ha staccato la spina al governo Prodi: a spellarsi le mani erano i fedelissimi di Goffredo Bettini, il braccio destro di Walter Veltroni. Quanto a Massimo D’Alema, forse annunciando la sua idea d