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Visualizzazione dei post da ottobre, 2009

Berlusconi è l'alibi per non riformare la giustizia

di Fausto Carioti Il succo del messaggio che manda in queste ore l’Associazione nazionale magistrati, sindacato unico delle toghe, è chiaro: finché a palazzo Chigi ci sarà Silvio Berlusconi sarà impossibile riformare la giustizia italiana. In altre parole, la presenza di un premier in guerra perenne con la magistratura - inutile chiedersi chi abbia iniziato per primo: ognuno si è già fatto la sua idea - rappresenta un alibi fantastico per tutti quei magistrati che non hanno alcuna voglia di migliorare le cose e difendono lo sfascio del sistema e i loro privilegi. E sì che ce ne vuole di coraggio per difendere un sistema in cui i magistrati sono giudicati da un organismo, il Csm, composto da loro colleghi che riescono a riabilitare e promuovere il giudice sorpreso a fare una fellatio a un minorenne nei bagni di un cinema (storia vera, raccontata nel libro di Stefano Livadiotti “Magistrati, l’ultracasta”). Un sistema nel quale la toga che si scorda di tirare fuori dal carcere gli indagat

Il caso Marrazzo e la teoria del complotto

di Fausto Carioti «È una guerra lercia», scrive Concita De Gregorio, allarmata per le sorti della Democrazia. Sarà anche vero, però è strano: sino a pochi giorni fa, quando nel mirino dei Kalashnikov caricati a letame c’era Silvio Berlusconi, ci avevano fatto credere che lo sputtanamento quotidiano fosse la quintessenza della libertà di stampa, roba da premiare con il Pulitzer. E quelli che non partecipavano al tiro al bersaglio erano «i giornali scendiletto del premier», sentenziava la direttrice dell’Unità. Adesso che lo sputtanato è Piero Marrazzo, ormai ex governatore diessino del Lazio, siamo invece alla barbarie. E comunque, lerciume per lerciume, chissà chi è stato a metterlo in pagina per primo, volendo convincerci che il premier facesse chissà cosa con la minorenne Noemi Letizia. E in quel caso non c’era uno straccio di prova, né una testimonianza, né un’immagine compromettente, tantomeno un’indagine della magistratura. Solo una festa di compleanno e qualche guaglione con scri

Global Warming: buone notizie dagli States

Diverte assai che l'arrivo di un presidente americano alla Casa Bianca coincida con il crollo degli statunitensi abbindolati dalla bufala del global warming. Eccolo qui, fresco fresco, il sondaggio del Pew Research Center . Da esso emerge che il 57% degli americani è convinto che vi siano prove concrete del surriscaldamento terrestre negli ultimi decenni. Troppi? Senza dubbio. Ma nell'aprile del 2008 costoro erano il 71%. Scesa anche la percentuale di coloro che sono convinti che questo surriscaldamento sia dovuto all'attività dell'uomo: erano il 47% lo scorso anno, sono il 36% oggi. E crolla pure la percentuale di americani che ritiene il surriscaldamento un problema "very serious": oggi sono il 35%, nove punti percentuali in meno rispetto al 2008. L'ovvia conseguenza è che l'appoggio per le politiche ambientaliste "cap and trade" è alquanto modesto. Di meglio, per ora, non ci si poteva attendere.

Così la Consulta ha contraddetto se stessa

di Fausto Carioti La "Fabbrica della Sagra Consulta", come è chiamato il palazzone che fa da sede alla Corte Costituzionale, si conferma fabbrica delle ipocrisie. Da lì ieri notte, dopo un meticoloso lavoro di limatura, sono uscite le motivazioni della bocciatura inflitta il 7 ottobre al lodo Alfano. La Consulta sostiene che lo "scudo" che mette al riparo dai processi penali il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio e i presidenti dei due rami del Parlamento non doveva essere varato con legge ordinaria, ma mediante riforma della Costituzione, perché esso «attribuisce ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale ed innovativo status protettivo, che non è desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative». Rispetto alla sentenza del 2004 con cui la stessa Corte aveva bocciato lo scudo Schifani, i giudici hanno poi spiegato di non essersi contraddetti, perché si sono mossi nella stessa direzione di allora. Come ciò sia possib

Il golpe del calzino turchese

di Fausto Carioti Del servizio trasmesso ieri da Canale 5 si può dire tutt'al più che fosse una noia mortale. Quei due minuti passati a mostrare un tipo dall'aria dimessa che cammina avanti e indietro sul marciapiede in attesa di entrare dal barbiere, si fa lo shampoo e poi si siede su una panchina, sfoggiando - come notava l'autrice del servizio - «pantalone blu, mocassino bianco e calzino turchese», avranno indotto molti telespettatori a cambiare canale o a prendere un caffè per riemergere dal torpore. Il fatto che il signore in questione, ignaro di essere filmato, fosse Raimondo Mesiano, il giudice che ha condannato la Fininvest a risarcire con 750 milioni la Cir di Carlo De Benedetti, non bastava a trattenere la mandibola: lo sbadiglio nasceva spontaneo. Della stessa trasmissione, invece, non si può dire tutto quello che è stato detto. E cioè che sia il sintomo di una «deriva istituzionale» (parole di Luca Palamara, segretario del sindacato unico dei magistrati). Un «se

Ma quale "super partes"

di Fausto Carioti Certi complimenti sarebbe meglio aspettare di riceverli dagli altri. A farseli da soli (Silvio Berlusconi docet) si rischia di non rimediarci una bella figura. Giorgio Napolitano, ad esempio, ieri ha confermato che chi si loda s’imbroda. «Tredici anni fa», ha detto il presidente della Repubblica, «nell’assumere l’incarico di ministro dell’Interno, ero determinato a svolgerlo come uomo ormai delle istituzioni, e non di una parte politica». Insomma, a partire dal maggio del 1996 Napolitano Giorgio, classe 1925, avrebbe ufficialmente smesso di essere uomo di partito per diventare una figura istituzionale “super partes”. Nessuno, nemmeno nel centrodestra, si è sognato di contraddirlo: questo è il momento di ricucire i rapporti con il Quirinale. Peccato, però, che gli annuari del Parlamento europeo e del Senato, e la stessa storia di Napolitano, siano lì a smentirlo. Napolitano smise di essere ministro con la fine del governo Prodi, nell’ottobre del 1998. Va da sé che, dur

Come ti demonizzo la Fox

Ecco come la Casa Bianca tratta l'unico network che fa le pulci all'amministrazione Obama. Ampi stralci di quanto detto da Anita Dunn, responsabile per la Comunicazione della Casa Bianca, possono essere letti su The Huffington Post .

Un premio dei liberal per i liberal

Meglio di tutti (le capita spesso) Peggy Noonan spiega come stanno le cose con il Nobel per la Pace a Barack Obama. «E' stato assurdo che Ronald Reagan, il cui progetto politico condusse alla fine dei gulag e alla caduta del muro di Berlino, e che mise in gioco il suo ruolo personale nel mondo per un sistema che avrebbe protetto il cittadino comune dalla distruzione in un attacco missilistico nucleare, non abbia potuto vincerlo. Ma nessuno ci pianse sopra, e per una ragione: perché ognuno, ogni adulto senziente che si preoccupava di informarsi su simili cose, sapeva che il premio Nobel per la Pace, quando assegnato a una figura politica, è un grande e prestigioso premio assegnato dai liberal ai liberal».

Il Lodo Alfano e le due sinistre

di Fausto Carioti Ha vinto il partito di Repubblica. Esultano Antonio Di Pietro e il clan giustizialista di Micromega. Sotto palazzo Chigi, ieri sera, è rispuntato persino qualche timido gruppo di girotondini, increduli per il regalo ricevuto dai giudici costituzionali. Hanno perso (soprattutto) Giorgio Napolitano e il Pd. Insomma, avrà pure le sue ragioni Silvio Berlusconi a dire, come ha fatto ieri sera, che «la Consulta è di sinistra» e che «il Capo dello Stato tutti sanno da che parte sta». Ma la verità è che di «sinistre», stavolta, ce ne sono state due. Una è la sinistra dell’odio antropologico, erede del vecchio partito d’azione, che ha sempre visto Berlusconi come un barbaro invasore, tanto più meritevole di essere abbattuto quanto più forte è il suo consenso elettorale. Una sinistra che è ben rappresentata anche nella Corte Costituzionale e che si specchia nel commento scritto su Repubblica di ieri dal giurista democratico torinese Franco Cordero, nel quale Berlusconi è parago

Berlusconi e il rischio del voto anticipato

di Fausto Carioti Il voto anticipato è lo spauracchio che in queste ore uomini vicini a Silvio Berlusconi stanno agitando per far capire ad alleati, avversari, giudici della Consulta, Quirinale e ciò che resta dei cosiddetti “poteri forti” di essere pronti a combattere con il coltello tra i denti pur di non farsi sfilare il governo del Paese. Se la Corte Costituzionale, invece di invitare esecutivo e Parlamento a “correggere” il Lodo Alfano, dovesse davvero impallinarlo,come profetizza Francesco Cossiga, il processo al presidente del Consiglio sul caso Mills ricomincerebbe subito. In questo caso, nessun bookmaker accetterebbe puntate sulla condanna di Berlusconi: il destino giudiziario del premier sarebbe segnato. Quello politico, no. Il leader del PdL avrebbe tutto l’interesse a trascinare il suo partito alle elezioni, in cerca di quella legittimazione popolare che gli restituirebbe la verginità politica violata dalle toghe «eversive». Ma si tratta di una strada rischiosissima, che po

Addio a Obama l'idealista

di Fausto Carioti La leggenda metropolitana più in voga negli ultimi tempi è stata quella di Barack Obama presidente dai grandi ideali. Da contrapporre al suo predecessore, il bovaro texano George W. Bush, che faceva le guerre per arricchire la Hulliburton, la Exxon e le altre grandi compagnie americane. Ecco, dopo nemmeno nove mesi dal suo insediamento, Obama il grande idealista non c’è più. Svanito. I pochi che ancora non ne hanno preso atto sono pregati di fare i conti con la realtà, sporca e cattiva come sempre: ieri la Casa Bianca ha fatto sapere che il Dalai Lama, appena arrivato a Washington, non sarà ricevuto dal presidente. Né in forma privata, tantomeno in veste ufficiale. Obama gli ha sbattuto la porta in faccia. Il 74enne leader religioso del Tibet, premio Nobel per la pace, sarà carino e simpatico quanto vuoi, ma è inavvicinabile perché su di lui pesa il veto del regime di Pechino. E poi non ha nemmeno il dono dell’opportunità: il presidente statunitense tra un mese sarà i

Quello che la D'Addario non dice

di Fausto Carioti Patrizia D’Addario è ormai un vero e proprio personaggio politico, e non certo per l’improvvida decisione di candidarla alle ultime elezioni comunali baresi nella lista “La Puglia prima di tutto”, sotto le insegne del Popolo della Libertà. È un personaggio politico perché politico è il valore delle sue parole, usate per screditare Silvio Berlusconi. Politici sono tutti i giornali che la intervistano e politici sono i talk show che la ospitano, come farà Anno Zero di Michele Santoro, stasera nel ruolo dell’intervistatore finale. Lei, da brava attrice, sta sempre al gioco: concede ai giornalisti - sinora tutti compiacenti - la frase per il titolo giusto. Politici sono i suoi interlocutori, ai quali lancia messaggi in codice, lasciando intendere di sapere molti fatti che non ha ancora raccontato, che però potrebbe svelare se le cose non dovessero andare come lei vuole. Come quando, intervistata sul Manifesto del 15 settembre , ha detto che il suo obiettivo immediato è co

Quello che vuole mandare in galera i giornalisti

E' Barack Obama. Ce lo racconta il New York Times di oggi. «L'amministrazione Obama ha detto ai legislatori di essere contraria alla legislazione che proteggerebbe i giornalisti dall'essere incarcerati se si rifiutano di rivelare le fonti confidenziali che hanno fatto trapelare notizie sulla sicurezza nazionale». Il resto qui .