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Visualizzazione dei post da novembre, 2005

L'Ocse, la ripresa e le cose da fare: quello che la sinistra non dice

di Fausto Carioti «The recession ended in the spring of 2005», la recessione italiana è finita nella primavera del 2005. Sospiro di sollievo. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti possono stappare quella bottiglia che tenevano in frigo dal 2001: l’economia nazionale volge al bello. A sancirlo - pochi giorni dopo la diagnosi da malato terminale tracciata dall’Economist - è arrivato, da Parigi, il rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, seguito dal giudizio del capo economista dell’Ocse, il quale presentando il documento si è detto convinto che, per il nostro Paese, «il peggio sia alle spalle» e che il rilancio sarà «notevole». Ad aumentare l’ottimismo, il fatto che l’Ocse preveda finalmente «una prolungata fase di espansione» dell’economia mondiale, che interesserà anche la «convalescente» Europa, soprattutto se la Banca centrale europea resisterà alla tentazione di alzare il costo del denaro. Resta da capire se la ripresa in arrivo dalle nostre parti far

Piroette dalemiane tra Bush, Castro e Chavez

Già si sentono la vittoria in tasca e - chissà - magari hanno anche ragione. Intanto però, piccini, sono costretti a sbattersi in tutti i modi per accreditarsi dinanzi a chi, tra qualche mese, potrebbe mettere un veto alle loro ambizioni. Massimo D'Alema, per esempio. Muore dalla voglia di fare il ministro degli Esteri (almeno quanto Rutelli vuole andare al Viminale) e lo ha anche appena confessato, chiaro e tondo, a Porta a Porta . A domanda diretta ha risposto: «Sì, mi piacerebbe». Quindi ha snocciolato le sue credenziali: «Mi interesso di politica estera e vengo dall'America Latina. Il mio lavoro è di essere parlamentare europeo e presidente della Commissione europea che si occupa dei rapporti con l'America Latina». Simpatica la sua frase su Prodi: «Sarà lui comunque a decidere», come se il bollito potesse fregarsene della richiesta del suo azionista di maggioranza, che ha già mostrato di poterlo fare fuori da palazzo Chigi in pochi giorni se solo gli fa girare le scatol

Un approccio liberale alla castrazione chimica

Il ministro Roberto Calderoli ha detto che ci è già una prima richiesta per sottoporsi a castrazione chimica volontaria: «Un detenuto, condannato per decine di violenze sessuali su minori, che, spontaneamente, ha richiesto di essere sottoposto all'androsospensione, ovvero alla castrazione chimica». La verità è che la castrazione chimica, meglio definita come "terapia antagonista del testosterone", in Italia esiste già da anni. Viene praticata, ovviamente su soggetti volontari e in modo non ufficiale, da parte di personale qualificato. Il criminologo Francesco Bruno, docente universitario, lo ha detto senza ipocrisie: «Sono venti anni che faccio castrazione chimica, naturalmente a chi lo chiede, con buoni risultati». Ma la sua frase, come tutte le verità scomode, è stata subito rinchiusa nello sgabuzzino delle cose da non mostrare in pubblico. Il farmaco che più viene usato in Italia è Androcur , una compressa da assumere quotidianamente, nel cui "bugiardino" del

Iraq, quello che le televisioni non dicono

Quello che le televisioni non dicono lo dice il senatore democratico Joe Lieberman , reduce dal suo quarto viaggio in Iraq, in un editoriale sul Wall Street Journal di oggi . Qui i punti essenziali. «I progressi sono visibili e concreti. Nelle regioni curde del nord la sicurezza e la prosperità aumentano ogni giorno. Il sud a maggioranza sciita è in gran parte libero dal terrorismo, può contare su più energia elettrica e servizi pubblici di quanti ne avesse sotto Saddam e sta assistendo a una grande attività economica. Il triangolo sunnita, delimitato geograficamente da Baghdad a est, Tikrit a nord e Ramadi a ovest, è dove si si verificano la maggioranza degli attacchi terroristici. Eppure, anche lì vi sono progressi». «Ci sono più automobili nelle strade, parabole per la televisione sui tetti e letteralmente milioni di cellulari nelle mani degli iracheni che mai. Tutto questo ci dice che l'economia irachena sta crescendo. E i candidati sunniti stanno facendo attivamente campagna e

L'Iraq e il sano buon senso dell'americano medio

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Due sondaggi appena usciti in America (via Opinion Journal ), tanto per far capire che Stati Uniti e Italia si assomigliano più di quanto si pensi. Anche lì vi è una sedicente élite intellettuale convinta di essere il lievito della società. Anche lì la sedicente élite intellettuale è fondamentalmente nemica del capitalismo ed istintivamente alleata di ogni dittatore che rappresenti una minaccia per gli interessi nazionali e i diritti umani. Anche lì la sedicente élite intellettuale viene regolarmente presa a pesci in faccia dagli elettori. Ad esempio sull'Iraq. Il primo sondaggio , pubblicato sul Washington Post, dice che il 70% degli americani interpellati ritiene che le critiche alla guerra in Iraq mosse dai senatori democratici facciano male al morale delle truppe (il 44% dice che fanno "molto male"). Tra coloro che si definiscono elettori del partito Democratico la musica non cambia di molto: ben il 55% sostiene che le critiche fanno male ai soldati americani in Iraq.

Paul McCartney contro la Cina. Diritti umani? No, degli animali

Solito vizietto del bravo democratico politicamente corretto: favorevole agli aborti, purché non si tocchi il feto della foca monaca. Stesso discorso per i diritti degli animali, che per taluni vengono prima di quelli degli esseri umani. Le agenzie hanno dato da poco la notizia che Paul McCartney non farà più concerti in Cina dopo aver visto un documentario-choc sui maltrattamenti inflitti a cani e gatti . Il documentario è scaricabile dal sito dell'organizzazione animalista Peta , e mostra come cani e gatti, in Cina, vengano trattati nel modo più barbaro prima di essere trasformati in pellicce. «Tutto questo è incivile. Orribile. Sembra qualcosa venuto dal Medio evo. Sono immagini disgustose, individui disgustosi», ha commentato la star inglese, indignata. Ovviamente , per quello che viene fatto in Cina agli esseri umani , da decenni , nemmeno una parola d'indignazione . Fin quando gli unici ad essere torturati e uccisi erano i detenuti politici, la Cina era un posto bell

Il caso Nestlè, ovvero l'odio per il capitalismo

L'ottimo Alberto Mingardi mette nero su bianco quello che anche io penso. «In realtà, il latte contaminato da ITX è solo un pretesto. La verità scientifica è del tutto ininfluente. Nestlé, multinazionale tentacolare, che vende dall’acqua minerale al cibo per cani, è per definizione nel mirino dei settori più ostili al capitalismo di mercato della nostra società. E siccome si tratta, spesso e volentieri, di settori che esprimono fedelmente opinioni radicatissime nella classe intellettuale, hanno buon gioco ad usare i giornali come cassa di risonanza. Il gruppo di Vevey sconta un peccato originale: essere grande, ricco, efficiente, per giunta svizzero, che è di per sé sintomo di opacità, nei reportage da guardie e ladri dei banalizzatori di professione». Lettura integrale obbligata. Qui, sul sito dell'Istituto Bruno Leoni .

Iraq, arriva il film di Bruce Willis

Bruce Willis, rottosi le scatole di vedere i soldati americani in Iraq dipinti come nazisti dai soliti cinematografari liberal di Hollywood, ha deciso di fare un film tutto suo per raccontare davvero come vanno le cose, per mettere su pellicola le storie di chi è lì a portare democrazia e di chi ammazza civili innocenti. Secondo le citazioni di Willis riportate da The Times Online , il film sarà su «quei ragazzi che fanno ciò che viene loro chiesto di fare, in cambio di una paga misera, per difendere ciò che loro chiamano libertà». «Non riesco proprio a capire per quale motivo le cose che ho visto in Iraq non vengano riportate dai mezzi di informazione», ha detto Willis alla tv americana Msnbc. Il film sarà basato sui racconti del blogger ed ex berretto verde Michael Yon e con ogni probabilità vedrà lo stesso Willis nei panni di Erik Kurilla, comandante dei soldati della unità "Deuce Four", 1° battaglione, 24° fanteria, che ha passato l'ultimo anno a combattere i ribelli

Pera traccia il confine culturale tra "noi" e gli "altri" (Prestigiacomo included)

Domenica 27 novembre il presidente del Senato Marcello Pera, parlando a Catania davanti a una platea di Forza Italia, ha tenuto quello che a modesto avviso di chi scrive è stato il suo migliore discorso degli ultimi anni . Ha rivendicato l'appartenenza a una cultura «liberale e al tempo stesso tradizionalista o conservatrice», e in Italia sono pochi quelli che hanno gli attributi per definirsi "conservatori" a testa alta. Ha spiegato perché si può essere conservatori essendo riformatori (una ovvietà, non a tutti chiara) e tracciato i confini di quella che non si fa problemi a chiamare cultura politica «di destra». Piccola curiosità: il suo discorso contiene due attacchi diretti a Stefania Prestigiacomo, ministro forzista per le Pari opportunità, ovviamente mai menzionata in modo diretto. Primo attacco, sulla procreazione assistita. Secondo attacco: sulla legge 194. Qui Pera, parlando dell'aborto, dice: «Credo che non sia corretto chiamarlo una "conquista di civil

McCain spiega la McCainomics. Aiuto

Il mainstream dei media statunitensi sostiene che il senatore John McCain, già sconfitto da George W. Bush nelle primarie repubblicane del 2000, sia uno dei pochi ad avere qualche chances di sconfiggere una Hillary Clinton lanciatissima nella prossima corsa alla Casa Bianca. Così ai tipi del Wall Street Journal è venuta la curiosità di capire che razza di animale sia McCain, possibile futuro presidente degli Stati Uniti, in materia di politica economica. Per riuscirci hanno mandato in missione Stephen Moore , un editorialista conservatore che scrive anche per The National Review . Dal colloquio tra i due Moore esce con la convinzione di aver parlato con uno strambo mix tra Theodore Roosevelt e Robin Hood. Parola di Moore: «McCain possiede il set di politiche economiche più eclettico che io abbia mai visto in un politico». Questi i punti principali della McCainomics, riassunti brutalmente. Ovviamente la lettura del testo integrale è fortemente consigliata (può essere che vi sia chiest

Sciopero, si è fermato solo il 5% del Paese. Ecco le prove

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di Fausto Carioti I sindacati e la sinistra dicono che l'Italia ieri si è fermata, perché ha aderito in massa all'ennesimo sciopero generale contro Silvio Berlusconi. Lo dicevano già prima dello sciopero: sulla prima pagina del Manifesto in edicola ieri mattina si leggeva che «l'Italia si ferma contro la Finanziaria». Come noto, il risultato finale, in certi casi, non può mai essere inferiore alle previsioni. Così, a manifestazioni concluse, Cgil, Cisl e Uil, con la modestia del caso, hanno definito l'iniziativa «un successo straordinario», sbandierando un'adesione allo sciopero «tra l'ottanta e il novanta per cento». Sono gli stessi concetti che ritroveremo nella grande maggioranza dei quotidiani in edicola oggi. Solo che sono due cose non vere. Primo. Non è vero che lo sciopero è stato un successo «straordinario». Se lo sciopero non è un atto di puro esibizionsmo, ma la prosecuzione della trattativa politica (in questo caso nei confronti del governo) mediante

Michael Novak mette l'Islam sulla bilancia

Michael Novak, filosofo cattolico ed ex ambasciatore statunitense presso diversi organismi internazionali, ha appena pubblicato sul suo sito il testo della prima "Friedrich Hayek Lecture" , da lui tenuta lo scorso maggio al Manhattan Institute . L'argomento è dei più attuali e drammatici: Islam, libertà e democrazia. Novak individua 5-6 motivi per essere pessimisti sull'evoluzione democratica dei Paesi islamici e altrettante ragioni per poter ben sperare. Le schematizzo brutalmente, invitando gli interessati a leggere per intero il testo di Novak. Le ragioni del pessimismo 1) I terroristi "islamofascisti" non solo odiano noi occidentali e gli stessi islamici indignati dalle loro barbarie, ma hanno abbastanza potere da far saltare in aria l'intero processo di democratizzazione dei Paesi islamici. 2) Nei Paesi islamici, storicamente, le donne sono escluse dalla gran parte delle cariche pubbliche. 3) Fattore demografico: vi è una evidente sproporzione numer

A chi serve lo sciopero generale

di Fausto Carioti «Che noia che barba, che barba che noia». Inutile scomodare la teoria del conflitto sociale di Ralf Dahrendorf: per spiegare lo sciopero generale del 25 novembre, l'ennesimo deciso contro Berlusconi da Cgil, Cisl e Uil, bastano e avanzano Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. «Record di Silvio: sesto sciopero generale» titolava trionfante l'Unità pochi giorni fa. Simpatico meccanismo: gli stessi sindacati che nel quinquennio governato dall’Ulivo sono stati a cuccia, hanno liberato tutti i loro istinti repressi non appena il centrodestra si è ripresentato al governo. Così la sinistra ora può accusare la maggioranza di non saper mantenere la pace sociale. Niente di male, se non fosse che i vertici diessini, margheritini e rifondaroli sono i compagni di parata dei sindacalisti confederali, l’altra faccia dello stesso blocco politico, quando non addirittura le stesse persone, giunte in Parlamento passando per il sindacato. Lo dicono i numeri: nei cinque anni della

Fiat e sindacati hanno trovato la soluzione: paghiamo noi

Si sono riuniti nella sede di Confindustria. Hanno parlato, hanno messo a confronto ipotesi diverse. Poi, finalmente, Fiat e sindacati di categoria (Fiom, Fim, Uil e Fismic) hanno trovato la soluzione: la gestione degli esuberi Fiat la paga il contribuente. E non attraverso una procedura soft, come può essere l'assistenza economica in vista di un ricollocamento, ma attraverso l'ammortizzatore sociale più hard di tutti: la mobilità lunga, altrimenti detta prepensionamento. Vanno di fretta, perché intendono chiedere al governo di inserire il provvedimento nella Finanziaria in discussione alle Camere: questo sia per accorciare i tempi (la Finanziaria viaggia su una corsia preferenziale), sia perché la mobilità lunga, appunto, comporta un esborso di rilievo da parte dello Stato. «Il tema della mobilità lunga è determinante sia per le organizzazioni sindacali che per noi per trovare una soluzione alla gestione delle dissaturazioni, in particolare delle strutture» ha detto il respons

Magna Carta: ecco perché ridiscutere la 194

«Se lo scontro è tra quanti vogliono ridiscutere l'attuale normativa sull'aborto e quanti, invece, vogliono abrogarla, il nostro posto è tra i primi. (...) Ma se lo scontro diventa tra quanti ritengono l'aborto un diritto del quale usufruire con il massimo della spensieratezza possibile e quanti pensano, invece, che si tratti sempre e comunque di un dramma, nel quale sono in gioco diritti che non appartengono unicamente alla donna, non abbiamo dubbi: ci schieriamo con il secondo partito». Sintesi efficace e condivisibile, quella dell' Uovo di Giornata su "L'aborto e i cattivi maestri" , rubrica corsara online della fondazione Magna Carta , emanazione ufficiosa del presidente del Senato Marcello Pera. Dolorosissimamente condivisibile, nella sua prima parte (ridiscutere invece di abrogare). Da sottoscrivere anche il punto attorno al quale ruota la questione: «Per questo, non comprendiamo cosa vi sia di scandaloso nel consentire, all'interno dei consultor

Un motivo in più per invidiare Blair agli inglesi

Il primo ministro inglese Tony Blair, in aperta sfida con ampi settori del suo stesso partito e con parte dell'opinione pubblica, ha lasciato intendere chiaramente - per la prima volta - che intende costruire nuove centrali nucleari. A domanda diretta da parte dei parlamentari sul riavvio di un programma di produzione di energia mediante l'atomo, Blair ha risposto : «Anche riguardo al dibattito sull'energia nucleare, ci saranno decisioni difficili e controverse che il governo intende prendere. E alla fine farà ciò che riterrà migliore negli interessi di lungo termine del Paese». Titola la versione online del "Times" : «Blair dice che è venuto il tempo di andare verso il nucleare». Occhio alle parole chiave di Blair: «Lungo periodo» e «decisioni controverse». Due parole che in Italia non usa nessuno: nessuno pianifica più nel lungo periodo, nessuno ha più gli attributi politici necessari per accettare sfide controverse, tantomeno in modo così dichiarato. Al moment

Non solo Guantanamo: lettera di un cristiano dalle carceri di Castro

Da Aurea Echevarria, segretaria del Movimiento Cristiano Liberación , che l'ha fatta uscire da Cuba dettandola per telefono (come raccontato qui su Cubanet ), il giorno 18 novembre ho ricevuto, come altri sostenitori della causa della libertà di Cuba nel mondo, una lettera scritta da Antonio Díaz Sánchez , prigioniero di coscienza condannato a venti anni di detenzione, attualmente nel carcere El Yuyal del dittatore Fidel Castro Ruz . Sánchez, nato nel 1962 e padre di due figlie, è stato uno dei sostenitori del Progetto Varela (dal nome del leader religioso cubano Félix Varela ), ovvero il progetto, nato nella parrocchia del Cerro (La Havana), di cambiare le istituzioni cubane dal basso, introducendo tramite referendum le libertà politiche e i diritti civili negati, nella convinzione che Castro intendesse davvero applicare quanto scritto nella costituzione cubana ( qui la versione inglese ). Il dittatore ha reagito da par suo, respingendo la richiesta di referendum - nonostante le

Islam, cinque domande ai musulmani e ai relativisti

Un articolo uscito nei giorni scorsi sul " Los Angeles Times " a firma del conservatore Dennis Prager ha il merito di mettere in fila e schematizzare i dubbi di tanti non-islamici (compreso chi scrive, che pure è convinto che gli esseri umani nascono tutti uguali) sull'Islam. Cinque dubbi, ovvero cinque domande che meriterebbero altrettante risposte sensate da quelli che «le religioni e le culture sono tutte uguali», assioma che purtroppo può passare per vero solo se ci rifiuta di giudicare le religioni e le culture in base all'unico parametro universale in base al quale queste debbono essere valutate: il rispetto della vita umana e della libertà individuale. Prima domanda. Musulmani, perché non alzate la voce? (Why are you so quiet?) Perché non vi incazzate, non scendete in piazza a milioni contro chi uccide e tortura gli israeliani e gli occidentali in nome della vostra religione? Seconda domanda. Perché nessuno dei terroristi palestinesi è cristiano? Se l'

Irving in carcere, ovvero la vittoria del nazismo

di Fausto Carioti Tra i pochi vantaggi che offre oggi l’essere sionista e filosemita ed avere partecipato con orgoglio (a puro titolo di esempio) alla manifestazione pro-Israele del 3 novembre , c’è il potersi prendere la libertà di dire che ragionamenti come quelli di chi applaude all'incarcerazione di David Irving puzzano tanto di fascismo inconsapevole. È una libertà che intendo prendermi tutta. Perché l’arresto dello storico inglese, autore di libri contenenti tesi negazioniste infondate e indecenti, è ridicolo e grave allo stesso tempo. Ridicolo per la sprovvedutezza di chi l’ha deciso, grave per le conseguenze che può avere su tutti noi - tranne ovviamente che su Irving, il quale con l’arresto si è garantito la tiratura dei suoi prossimi libri. Quello che gli austriaci hanno mostrato al mondo è che le parole di uno come Irving, per quanto screditate mille volte, fanno ancora paura, e che la società austriaca, a sessant’anni dalla fine del nazismo, si crede priva degli ant

Quote rosa: umilianti, inefficienti, pericolose

di Fausto Carioti Margaret Thatcher, per diventare primo ministro inglese, non ha avuto bisogno di "quote rosa". La figlia del droghiere ha fatto mangiare la polvere a tutti gli uomini del suo partito, uno dopo l'altro, fin quando non si è trovata, sola, al vertice dello schieramento conservatore e del governo. Storia analoga, e più recente, in Germania, dove la tedesca Angela Merkel (conservatrice pure lei, a conferma che l'emancipazione femminile non è monopolio della sinistra) è stata appena designata cancelliere, a coronare una carriera politica della quale hanno fatto le spese moltissimi uomini, evidentemente meno capaci di lei. Anche in Germania non esistono quote rosa obbligatorie, ma semplici livelli minimi - più o meno elevati - di presenza femminile all’interno dei partiti, che questi - peraltro non tutti - adottano di propria iniziativa. Il principio della selezione del migliore al termine di una competizione leale dovrebbe essere il sale di ogni democrazia

Non tutti i no-global boicottano la Coca-Cola

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Foto storica, tratta dal libro "Per Dio la Patria e la Coca-Cola", di Mark Pendergrast, Piemme Edizioni, 1993.

La Casa delle morte viventi: il ritorno delle quote rosa

Lo chiamano disegno di legge, in realtà è uno spot elettorale, un meccanismo illiberale con cui la Cdl conta di acchiappare i voti di quelle donne che si sentono svantaggiate e pietiscono un "aiutino" per poter gareggiare con i maschietti. La proposta di legge votata dal Consiglio dei ministri, che rimpiazza l'emendamento alla legge elettorale affossato il 12 ottobre alla Camera dei deputati , minaccia di sbarcare presto in Parlamento. Prevede, come recita il comunicato del Consiglio dei ministri , «un’alternativa gradualmente crescente di candidati di sesso maschile e di sesso femminile nelle liste per la prima e la seconda elezione successive all’entrata in vigore della legge». Due le variabili decisive. La prima è il numero di donne presenti nella lista in rapporto agli uomini. Il disegno di legge appena approvato dal Consiglio dei ministri dice che «in ciascuna lista di candidati ogni sesso non può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati de

L'arresto di Irving: ridicolo, più che vergognoso

Avendo qualche credenziale come filoisraeliano e filosemita , mi permetto di scrivere che l'arresto da parte delle autorità austriache dello storico inglese David Irving ( qui il lancio dell'Associated Press ), negazionista dell'Olocausto e giustificazionista del nazismo, è un provvedimento illiberale ridicolo prima ancora che vergognoso. Le leggi austriache catalogano come crimine la negazione dell'Olocausto. Ma uno Stato che ha paura delle tesi storiche, per quanto indecenti e infondate come quelle di Irving, al punto da incarcerare chi le sostiene, mostra di essere costruito su valori assai fragili. Arrestare Irving non è una prova di forza, ma un'enorme ammissione di debolezza. Aggiornamento. Chi vuole leggere il dibattito che il post sta provocando su Libero.it (Acm, indaffarato, non partecipa) lo trova qui .

Federalismo fiscale e perequazione for dummies

In questo grande casino dove tutti parlano senza essersi studiati i testi di legge, men che mai la Costituzione ( quella in vigore e quella modificata dalla devolution ), due sono gli interventi più invocati: la creazione del federalismo fiscale e la creazione di un fondo perequativo, cioè di un fondo di solidarietà, dal quale le Regioni e gli enti locali più poveri possano prendere e nel quale le Regioni e gli enti locali più ricchi debbano mettere. Solo che già esistono. Almeno sulla Carta. Già sono previsti dalla Costituzione attuale, nell'articolo 119, che la devolution appena approvata lascia intatto. Il federalismo fiscale è previsto nella prima parte dell'articolo 119 della Costituzione attuale, che recita: «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Cos

Montaner ai pacifisti: "Ahmadinejad è il nuovo Hitler"

Durissimo Carlos Alberto Montaner (esule cubano, professore universitario, editorialista e vicepresidente dell'Internazionale Liberale, come sanno bene i frequentatori di questo blog) in un articolo intitolato "La nascita del nuovo Hitler" e dedicato al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Tutto da leggere. Intanto perché fa piazza pulita dei luoghi comuni terzomondisti e ignoranti che abbondano anche sull'Iran. «C'è la tendenza a percepire l'Iran come un Paese del Terzo mondo, povero e arretrato, ma è un errore. E' una grande nazione - più vasta di Francia, Germania, Inghilterra e Italia messe insieme - con 68 milioni di abitanti e una produzione giornaliera di greggio pari a quattro milioni di barili, che permette al Paese di ammassare una grande quantità di riserve, operazione possibile grazie al fatto che la sua bilancia commerciale è in netto attivo. Nello stesso tempo, ha un grande numero di tecnici e scienziati, educati in ottime università occi

Uno Scalfarotto da difendere (con un dubbio)

Forte del fatto che gli ho scritto questo e questo , che hanno fatto incavolare non poco la tribù degli scalfarottiani (specie il primo), e quindi proprio non posso essere sospettato di alcuna connivenza, dichiaro qui la mia solidarietà per Ivan Scalfarotto, che in quanto candidato alle primarie della sinistra era del tutto inutile, come avevo già scritto prima del voto e come hanno sancito gli stessi elettori, ma come essere umano proprio non si merita gli insulti a sfondo omofobico degli anonimi frustrati . Una persona va discussa per le proprie idee, non per chi si porta a letto, se si tratta di persona adulta e consenziente. Coraggio, Scalfarò: domani è un altro giorno. Post scriptum. Detto questo, proprio non ho capito perché ha chiuso il suo blog , del quale pure non me ne fregava nulla. Per impedire certi sfoghi bastava chiudere i commenti. Non sarà che, trombato dagli elettori di sinistra, non aveva più niente da dire e da fare? Non ci sarebbe stato niente di male. Ma allora p

Devolution, tanto rumore per molto poco

Approvata in via definitiva la devolution. A giugno, con ogni probabilità, il referendum. Le novità vere sono due: il Senato federale (nuovi articoli 55, 57 e 58 della Costituzione) e il rafforzamento dei poteri del premier in materia di scioglimento delle Camere (nuovo articolo 88 della Costituzione), che tutto è tranne che una riforma federalista. Per il resto, nella distribuzione dei poteri tra Stato centrale ed enti locali, vale a dire i temi che più scandalizzano la sinistra, cambia poco o nulla. E molte delle cose che cambiano, lo fanno in senso centralista. Come già spiegato qui, con tanto di link ai testi di legge .

Iraq, ecco il video che ridicolizza i democratici

Madeleine Albright, Bill Clinton, Howard Dean, Hillary Clinton e una schiera di senatori democratici e consulenti per la sicurezza nazionale dell'amministrazione Clinton dicevano sull'Iraq e le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein le stesse cose che dice oggi George W. Bush. La prova è qui , in un fantastico spot pro-Bush.

Ecco il credo "superconservative" del giudice Alito

Per i liberal il giudice italo-americano Samuel A. Alito Jr., nominato dal presidente George W. Bush alla Corte suprema, è una minaccia all'american way of life. Alcuni gruppi abortisti stanno preparando una campagna pubblicitaria contro di lui. Il senatore Edward M. Kennedy dice che Alito «metterà a rischio decenni di progressi americani nella difesa dei nostri diritti fondamentali e delle nostre libertà». Hillary Clinton sostiene che il curriculum di Alito «solleva seri dubbi sul fatto che saprà essere fedele alla protezione dei nostri diritti fondamentali». Tra i quotidiani italiani, il Corriere della Sera, l'Unità e Repubblica lo definiscono, in coro, un "superconservatore". Come al solito, è sempre meglio leggere quello che dicono i diretti protagonisti, piuttosto che quello che i giornali scrivono di loro. Il "Washington Times" ( qui l'articolo ) è giunto in possesso di un documento del 1985, nel quale lo stesso giudice Alito illustrava benissimo l

Sinistra esilarante: "Scuola a pezzi, ultimi in Europa". Ma i dati sono del 2001

Comicità involontaria ed ennesimo esempio di giornalismo all'amatriciana. Lunedì 14 novembre è uscita una ricerca sull'istruzione in Italia . Dove si sostiene che ci sono quasi sei milioni di italiani, pari al 12% della popolazione, totalmente analfabeti o senza alcun titolo di studio. Piatto ricco, mi ci ficco. I giornali di sinistra si sono tuffati a pesce sulla notizia. L'Unità, pagina 9, titola così. "Italia 2005: il fantasma analfabetismo". Nel catenaccio: "L'Europa è sempre più lontana". Occhio all'anno: 2005. Il manifesto, pagina 8: "Sei milioni di analfabeti". L'articolo avverte che la ricerca "analizza i rapporti scuola-società nell'Italia di oggi. E forse fornisce qualche strumento in più per capire alcune delle ragioni strutturali del nostro declino economico". La parolina chiave qui è "oggi", che lascia intendere: Ai tempi dell'odiato Berlusconi, che sta mandando in rovina il Paese. Liberazion

Giorno dei martiri per la libertà, oltre 600 firme. Il difficile viene adesso

Oltre seicento firme, dal presidente iracheno Jalal Talabani a Francesco Cossiga, passando per il ministro Mario Landolfi, il senatore diessino Franco Debenedetti e qualche "tocqueviller", primo dei quali chi scrive (e poi, tra gli amici noti, Krillix , Robinik e Mariniello : troppo pochi, comunque). Si vanno ad aggiungere alle dodici firme iniziali. L'appello della Fondazione Magna Carta (di fatto un'emanazione del presidente del Senato, Marcello Pera) per chiedere di trasformare il 12 novembre, anniversario della strage terroristica di Nassiriya, in un giorno «dedicato ai martiri per la patria e per la libertà, all'impegno per la lotta contro il terrorismo, per il valore universale della democrazia e per la sacralità della vita di tutti», ha raccolto sinora un ottimo numero di adesioni, specie tenendo conto del modo sostanzialmente clandestino con il quale è stato diffuso. Bilancio complessivo positivo, quindi. Finita qui? Macché, il problema viene adesso. Per