Post

Visualizzazione dei post da agosto, 2008

Prodi-Cavazza e Berlusconi-Saccà: trova le differenze

di Fausto Carioti Romano Prodi chiede a voce alta che le intercettazioni delle sue telefonate siano pubblicate. Minimizzare, fare come se non ci fosse nulla da nascondere (tanto ormai è uscito tutto). Fecero così anche due anni fa, quando Angelo Rovati, braccio destro di Prodi, fu beccato mentre spediva da palazzo Chigi uno studio nel quale “suggeriva” a Telecom di scorporare la rete telefonica e farla passare sotto il controllo dello Stato. Quisquilie, pinzillacchere, dissero il premier e i suoi. Andò a finire che il povero Rovati si dovette dimettere, ovviamente dopo essersi assunto tutte le responsabilità. Adesso sono usciti i contenuti di certe telefonate del Professore e dei suoi collaboratori, registrate al tempo in cui il nostro era presidente del Consiglio. Leggendoli con un minimo di attenzione, si scopre che se le telefonate tra Silvio Berlusconi e Agostino Saccà erano materiale incandescente, quelle tra Prodi e i suoi referenti non sono da meno. È il giugno del 2007. C’è un

Il coraggio delle rane

di Fausto Carioti Urca che coraggio. Cribbio che schiene dritte. Che tempra vantano questi eroi della sedicente arte moderna, quale rispetto per la libertà ostentano dinanzi al dilagante oscurantismo ratzingeriano i direttori dei musei italiani ed europei. Le agenzie di stampa ieri hanno diffuso il pensiero di Benedetto XVI sull’anfibio più famoso d’Europa, la rana crocifissa esposta al Museion di Bolzano, scultura (chiamiamola così) del tedesco Martin Kippenberger, scomparso undici anni fa. Sarebbe - pare, dicono - una sorta di autoritratto dell’autore in una delle sue tante fasi di depressione. In una lettera del 7 agosto a Franz Pahl, presidente del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e candidato Svp alle provinciali di Bolzano, la segreteria di Stato vaticana, a nome di Joseph Ratzinger, ha scritto che l’esposizione della rana «ha ferito il sentimento religioso di tante persone». Considerazione peraltro ovvia, che fa seguito alle preoccupazioni del vescovo di Bolzano e di a

Perché Obama deluderà la sinistra italiana

di Fausto Carioti Orfana di Romano Prodi, delusa da Massimo D’Alema, basita da Walter Veltroni, la sinistra italiana sta cercando rifugio nella garçonnière del candidato democratico alla Casa Bianca. Se dalle nostre parti, con l’aria che tira, dovranno arrangiarsi con gli avanzi che cascano dal tavolo della politica almeno per altri quattro anni e mezzo, volgendo lo sguardo oltreoceano possono sognare vittorie trionfali a portata di mano, marce gloriose lungo la Pennsylvania Avenue, nuove frontiere kennediane aperte su mondi più liberi e giusti. Peccato solo che il copione sia già scritto: chiunque vinca le presidenziali americane, anche stavolta li lascerà delusi. Al momento i sondaggi danno l’idolo di Veltroni e di quasi tutti i corrispondenti italiani, Barack Obama, testa a testa con il suo rivale repubblicano, John McCain. Se dovesse vincere quest’ultimo, manco a dirlo, la sinistra italiana dovrebbe vestire a lutto per altri quattro anni. Ma anche se il prossimo presidente american

Piccolo mondo antico

Oggi abbiamo potuto leggere il primo editoriale di Conchita De Gregorio , nuovo direttore dell'Unità. Inizia così: «Sono cresciuta in un Paese fantastico di cui mi hanno insegnato ad essere fiera. Sono stata bambina in un tempo in cui alzarsi a cedere il posto in autobus a una persona anziana, ascoltare prima di parlare, chiedere scusa, permesso, dire ho sbagliato erano principi normali e condivisi di una educazione comune. Sono stata ragazza su banchi di scuola di città di provincia dove gli insegnanti ci invitavano a casa loro, il pomeriggio, a rileggere ad alta voce i testi dei nostri padri per capirne meglio e più piano la lezione». Vero, era un'Italia molto bella. Era l'Italia provincialotta e democristiana, l'Italia piccolo borghese con le sue gerarchie da rispettare, l'Italia con i bambini che andavano a scuola in grembiulino e la panierina in mano, quella Italia che si alzava in piedi quando in classe entrava il professore. L'Italia che noi biechi conser

Il ricatto del gas russo

di Fausto Carioti Vietato disturbare Vladimir Putin. Vietato dire a voce alta che il Cremlino usa i soldi di noialtri consumatori di gas per ridurre all’obbedienza la Georgia. Vietato notare che se il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad - quello che vuole cancellare Israele dalle cartine geografiche - continua a fregarsene delle Nazioni Unite è perché, dentro e fuori dal consiglio di sicurezza dell’Onu, c’è la Russia che lo difende. La classe politica italiana, in sintonia con quella europea, ha deciso che il trattato del Nord Atlantico che ci lega agli Stati Uniti vale meno dei contratti di fornitura siglati con Gazprom. Così piega la testa e si barcamena in modo sempre più goffo tra Washington e Mosca: troppo grande è la paura che qualcuno chiuda il rubinetto che porta nelle nostre case il gas della Siberia. Il comportamento tenuto dinanzi alla crisi georgiana appare dettato più dal panico che dalla ragione. Da Tbilisi, capitale della Georgia, passa infatti il gasdotto BTE, che da

Sicurezza aerea, deregulation e prezzo del petrolio

di Fausto Carioti La deregulation aerea è una cosa bellissima. Da quando, alla fine degli anni Settanta, l’amministrazione americana avviò la liberalizzazione dei cieli, qualche miliardo di cittadini del mondo libero ha potuto vedere posti dove altrimenti non sarebbe mai stato, spendendo una frazione minima del proprio stipendio. La deregolamentazione è stata un potente fattore di democrazia, perché ha tolto alle classi più ricche il monopolio dei grandi viaggi. Il mercato, insomma, il suo compito l’ha svolto. Eppure le 153 vittime dell’incidente dell’aereo Spanair sono la drammatica conferma che l’aviazione commerciale ha problemi serissimi ed irrisolti. Ma scaricare l’intera colpa sulla concorrenza tra vettori privati, come fanno i nostalgici dello statalismo e dei bei tempi in cui solo pochi privilegiati potevano permettersi di salire su un velivolo, significa rifiutarsi di capire il problema e usare i morti di Madrid per fini di bassa ideologia. In attesa di leggere i dati contenut

Putin alla guerra per il monopolio del gas

di Fausto Carioti Davanti alle scene di guerra che arrivano dalla Georgia, il rischio di guardare il dito e ignorare la luna è forte. Ma con Vladimir Putin di mezzo sarebbe un grave errore. Per il premier russo la politica estera (della quale, come diceva von Clausewitz, «la guerra è la continuazione con altri mezzi») e la grande partita per le forniture energetiche all’Europa sono la stessa cosa. E comunque, semmai, è la prima ad essere subordinata alla seconda. Così se a prima vista, stavolta, in gioco sembra esserci l’autonomia dell’Ossezia del sud, in realtà la sfida vera riguarda il controllo del trasporto del gas dalle regioni del mar Caspio sino alle nostre case per i prossimi decenni. Putin vuole che la Russia, tramite Gazprom, abbia il monopolio dei gasdotti che anche in futuro collegheranno i vecchi territori dell’Unione Sovietica al resto del mondo. Per riuscire nel progetto, che darebbe al suo Paese un potere economico e politico mai raggiunto prima, Putin deve impedire che

Il caso Aguero e la credibilità di Raúl Castro

di Fausto Carioti È un momento di pacchia per i dittatori del resto del mondo. La repressione in Tibet, la censura su Internet, le violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang - quella abitata dagli islamici uiguri, da cui proverrebbero i terroristi che l’altro giorno hanno ucciso sedici poliziotti cinesi - e le altre porcherie firmate dal governo di Pechino, arrivate finalmente tra i primi titoli dei telegiornali (da dove spariranno il giorno dopo la chiusura dei Giochi, inutile illudersi), stanno riuscendo a rimuovere dalle inquadrature delle telecamere le tante schifezze che in questi giorni continuano a essere commesse altrove. E dire che non bisogna andare molto lontano per scoprirle. C’è un caso che ci riguarda molto da vicino. È quello di Taismary Aguero, pallavolista nata a Cuba 31 anni fa e dal 2006 in possesso del passaporto italiano, in seguito al matrimonio con un nostro connazionale. La madre della Aguero è in fin di vita e lei, abbandonato il raduno olimpico

"Effetto Brunetta"

di Fausto Carioti Senza fare nomi, perché l’elenco sarebbe lungo e tanto chiunque può andarselo a vedere sul sito web del governo: ma cosa hanno fatto tutti i ministri della Pubblica Amministrazione, di destra e di sinistra, che hanno preceduto Renato Brunetta? Certo, ognuno di loro ha passato mesi a “concertare” con i sindacati riforme di cui la gente comune non ha capito nulla e che nella migliore delle ipotesi lasciavano tutto come prima. Ma cosa hanno combinato nell’interesse di quello che avrebbe dovuto essere il loro vero interlocutore, il cittadino in fila davanti agli sportelli? È bastato che al loro posto arrivasse uno con le idee chiare, senza sudditanze nei confronti dei sindacati e con la voglia di non farsi imbrigliare da quella che Milton Friedman chiamava «la tirannia dello status quo», che subito la musica è cambiata. Le prime procedure burocratiche sono state snellite. Tutti hanno potuto vedere quanto i nostri amministratori hanno speso negli ultimi anni in consulenze

Quello che non dicono di Marina Petrella

di Fausto Carioti C'è qualcosa che manca negli articoli e nei commenti che in queste ore, tra Francia e Italia, imbellettano la vicenda della brigatista rossa Marina Petrella fino a farne una sorta di Ingrid Betancourt, una pasionaria buona, malata e ingiustamente prigioniera. Ci hanno detto e ripetuto che la Petrella ha perso venti chili e che le è stata diagnosticata una grave depressione, che si manifesterebbe sotto forma di «sindrome suicida». I suoi amici e familiari - abbiamo appreso - sono allarmati e il suo avvocato ritiene la sua profonda tristezza «incompatibile con la detenzione». Ci hanno mostrato le immagini dei reduci della gauche francese che manifestano davanti al carcere in cui è rinchiusa («Non à l'extradition de Marina Petrella», «Liberté immédiate pour Marina Petrella» si legge sui loro cartelli). Siamo stati edotti che tre punti di riferimento della sinistra post-ideologica, quali Fanny Ardant, Carla Bruni e sua sorella Valeria, chiedono la liberazione imme

La morte di Solzhenitsyn e il silenzio di Napolitano

di Fausto Carioti Una riflessione a voce alta. Un ricordo di quegli anni, l’ammissione di certi errori macroscopici. Una frase, magari non banale, sull’uomo che ha strappato il velo attraverso il quale milioni di italiani e di europei vedevano il comunismo. Ci si attendeva qualcosa del genere da Giorgio Napolitano. Invece, silenzio. Dal Quirinale non è giunta manco mezza parola a commentare la morte di Aleksandr Solzhenitsyn. Peccato. Perché di cose da dire Napolitano ne avrebbe molte, e di certo quando ha appreso della morte del grande scrittore russo tanti pensieri sono venuti alla mente del presidente della Repubblica. Solo che ha preferito tenerli per sé. Forse per pudore, o per imbarazzo, o perché oggi si vergogna di certe cose che aveva scritto all’epoca. Qualunque ne sia il motivo, il silenzio del Quirinale è una grande occasione persa per fare chiarezza e giustizia. In Italia, Giorgio Napolitano fu uno dei grandi accusatori del dissidente russo. Era il 1974. Solzhenitsyn era st

I tagli di Tremonti fanno tremare governo e maggioranza

di Fausto Carioti Si lamenta un ministro: «Il problema di Tremonti è che non parla. Invece deve parlare. Con gli altri ministri, con la maggioranza, con le parti sociali, con regioni, province e comuni». Va assai peggio tra i deputati del Pdl: «C'è una fortissima irritazione nei confronti del ministro dell'Economia. Poco ci manca che qualcuno metta la fotografia di Tremonti sul bersaglio del tiro a segno», commenta uno di loro, per giunta di Forza Italia. Riassumendo: gran parte dei parlamentari della maggioranza ce l'ha con il governo, perché li vuole trasformare in “pigiatori di bottoni”, incaricati di schiacciare il pulsante verde quando si vota un provvedimento dell'esecutivo e quello rosso quando all'esame c'è un emendamento dell'opposizione. E il governo, di questi tempi, ha la faccia di Tremonti. Ma pure dentro l'esecutivo il colbertista di Sondrio è guardato di sbieco: troppo allergico a quella «collegialità» che i ministri Sandro Bondi e Renato

E' morto Aleksandr Solzhenitsyn. Chissà che dirà Napolitano

Il grande Aleksandr Solzhenitsyn è morto . Aveva 89 anni. Ora la curiosità è vedere se e e cosa dirà Giorgio Napolitano. A quanto mi risulta, l'ultima volta ne parlò qui .